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mercoledì 1 dicembre 2010

Au revoir

Ti volevo dire una cosa, a te che non parli la mia lingua, che non sai di questo blog, a te che praticamente non mi conosci affatto, nemmeno se per quasi due anni mi hai vissuto accanto tutte le mattine e tutti i pomeriggi dalle 10 alle 19, supperggiù.

Ti volevo dire che ieri sera non è che ti volevo fare rimanere male (o forse un po' sì) ma non era una cattiveria gratuita. È che il mio amato pelatone era lì a dirti che era un peccato che te ne andassi, che andandotene tu il livello dell'ufficio un po' si abbassava perché alla fine tu sei uno diverso dagli altri, con i tuoi interessi non comuni, e il tuo modo di fare intelligente.
Ora io l'ho sempre pensato che eri intelligente. Quando dopo sei mesi che lavoravi qui, ci siamo parlati le prime volte e ho scoperto che grazie alla sola osservazione avevi capito di me più cose di quelle che per esempio aveva capito la mia amica O (acronimo di Odiante), l'ho pensato che eri intelligente e che avevi una sensibilità non comune. E volevo conoscerti. Non ti ho mai trovato particolarmente attraente fisicamente, con il tuo fisico magrissimo e il tuo aspetto dinoccolato (che bella parola "dinoccolato"). Però mi accorgevo che tu sì che eri attratto fisicamente da me (non ne facevi mistero indeed), e la cosa mi faceva piacere, a me ragazza insicura.
E insomma c'è stato un momento in cui sembrava che saremmo diventati amici. Che lo stavamo divendo. Poi è successo quancosa che non so ma tu hai cominciato a non parlarmi più. A essere educato, ma a smettere di cercare occasioni di parlarmi. Poi dopo, per motivi vari ho pensato che la tua intelligenza e la tua sensibilità le mettevi al servizio di fini egoistici e poco nobili, che li usavi per manipolare situazioni e persone, e per ferirle, quando potevi.

Per tornare al punto, quando lui ti diceva "I'm really sorry you are leaving" per me è stato normale dirti "I'm not sorry you are leaving but I really wish you best of luck". Tu, con la tua cultura formale che ti porterai sempre dietro ovunque, sei un po' rimasto (male), poi hai recuperato dicendomi che devo stare attenta a quello che dico quando bevo troppo. Ma io non avevo bevuto troppo.
Io solo volevo dire questo: che c'è stato un momento in cui sono rimasta male perché te ne sei andato ma è stato molto tempo prima che te ne andassi. Forse, è vero, non ho fatto nulla per scoprire perché te ne eri andato, infondo la tua posizione era un po' scomoda per l'equilibrio della mia vita lavorativa e privata, con O. lì guardinga. Però tu te ne sei andato. Allora perché fare finta che mi dispiaccia che te ne vai, se in fin dei conti nella mia vita non sei mai entrato, essenzialmente perché né tu né io abbiamo fatto nulla affinché ciò succedesse. Sarebbe un'ipocrisia. Allora tu te ne vai, e io ti auguro di cuore di essere felice e di conservare intatto il tuo sogno del Giappone, così come un bambino già cresciuto che dopo aver conosciuto la vita adulta si tiene stretto il suo sogno infantile proteggendolo dalla vita.

E te l'ho detto con leggerezza, che non mi dispiaceva che te ne andassi, perché da tempo ormai una parte di me crede che finita questa parte della vita ti reincontrerò in una situazione di vita diversa. E che ti conoscerò, un po' di più. Magari no, ma io a volte sono preveggente.

E grazie degli auguri a "the two of you". Molto gradito.

Ti potrei scrivere, e dirtelo per e-mail, ché la tua mail l'hai lasciata a tutti. Ma... che senso avrebbe? Nessuno. E perciò, te lo dico qui.

Andarsene era scritto perciò ciao ciao

martedì 30 novembre 2010

Vita da single (sottotitolo: Mentre gli studenti manifestano da Milano a Reggio Calabria e ancora più in là)

Con i tuoi entusiasmi lenti precisati da ricordi stagionali
e una bella addormentata che si sveglia a tutto quel che le regali

con il tuo collezionismo di parole complicate
la tua ultima canzone per l'estate.

Percepisci a volte, per caso, il tempo che passa quando, mentre scrivi qualcosa relativa alla tua vita, le parole che vai scrivendo ti ricordano frasi già sentite, accompagnate da un motivo che quasi non ricordi più. Parole e suoni sono l'eco di parole e musica ascoltate anni prima. Così, proprio perché il ricordo è evanescente, torni indietro, ad un tempo che non c'è più, quel tempo in cui De Gregori era per te un profeta, uno storico, un filosofo portatore di una verità quasi impalpabile. Quel tempo in cui tu eri alla ricerca delle tue verità e le cercavi con qualcuno nelle parole e nelle opere di un uomo che si rappresentava - con una modestia un po' forzata e c'è da chiedersi quanto sincera - come un uomo qualunque.

Ti accorgi, rileggendo le parole, riascoltando la canzone che il testo ti dice oggi cose diverse da quelle che ti diceva ieri. Ieri era una canzone nostalgica, che ti parlava di malinconia dei tempi andati, non ben delineati. Oggi è una canzone che ti parla della routine di una persona di successo in una società che insegue il futuro, che corre giorno dopo giorno, ora dopo ora, dietro se stessa, dietro il detto e il fatto, il non detto e il non fatto (ovvero le occasioni perdute) vero tarlo dell'uomo moderno, che corre alla ricerca del benessere, dell'autoaffermazione, di se stessa, dimentica degli altri, del nocciolo racchiuso nella polpa, nella pelle, circondato da capelli (quando ce li hanno), che ti parlano accanto ogni giorno.

Con il letto in cui tua moglie non ti ha mai saputo amare
E gli occhiali che fra un po' dovrai cambiare
Com'è che non riesci più a volare
Con le tue finestre aperte sulla strada e gli occhi chiusi sulla gente
Con la tua tranquillità, lucidità, soddisfazione permanente
La tua coda di ricambio, le tue vergini in affitto
E le rondini di guardia sotto al tuo tetto
Con il tuo francescanesimo a puntate e la tua dolce consistenza
Le tue onde regolate in una stanza
Col permesso di trasmettere e il divieto di parlare
E ogni giorno un altro giorno da scontare
Com'è che non riesci più a volare

Oggi la tua vita è diversa
non solo perché quel compagno di filosofia e musica è lì perso dietro la sua vita, in una città sul mare diversa da quella in cui vivi tu, e si sveglia la mattina in un letto diverso da quello in cui ti svegli tu. Non solo perché non hai più la cyclette e quel compagno non ti conta più i 45 minuti

Oggi sei diversa tu
Quelle canzoni, quegli abbracci, quegli screzi, sono dolci ricordi di quello che eri tu e di quello che era quella persona cara al tuo cuore

Oggi sei una donna che è stata single un numero discreto di anni, con il cuore ferito, alla ricerca di un ideale che non esiste, che non ha trovato e che in definitiva non cerca più.
Oggi sei una donna che sa che non c'è niente da capire. Che la vita è quello che ti dà.

Oggi guardi indietro con una certa serenità, oggi quasi credi nella vita, pur conscia della tua fragilità.
Oggi godi dei tuoi momenti in coppia, in giro a camminare per un parco. Oggi godi del momento in cui vorresti buttarti sul divano dopo esserti sfilata gli stivali e averli lasciati lì davanti in mezzo al soggiorno e invece ti alzi e vai posarli nella scarpiera, perché intorno c'è un occhio vigile che controlla.
Oggi godi di una birra con i colleghi di lavoro, di una cioccolata con una buona amica, di una passeggiata solitaria per i negozi alla ricerca di una maglietta per l'amico invisibile. Apprezzi la solitaria lettura di un best seller che ti ha regalato una delle tue migliori amiche. Godi dell'istante in cui fai qualcosa di gratuito per un altro conoscendone il prezzo, perché a dire la verità di cose gratuite per gli altri ne facevi a bizzeffe anche prima, o forse prima ne facevi anche di più, ma oggi sei più consapevole del valore che hanno e sai che se qualcuno le fa per te è una grande ricchezza. Oggi godi di una pancia grassa e morbida e bianca e di un testone rotondo che ballonzolano accanto a te.

Oggi sei tu, e non ti importa definirti. Non ti importa sapere chi sei.
Oggi sei tu e…

Può accadere di tutto,
puoi anche conquistare vari uomini bruni e misurarne l'aspetto,
ma il mio indirizzo è
Via del sopracciglio destro
con rispetto parlando, e altre parti, altre parti di me.

venerdì 12 novembre 2010

venerdì di novembre - leaving do

C'era una stanza con un letto mezzo disfatto, con le lenzuola a quadri verdi e azzurri di ikea. C'era un pavimento di quelli delle case anni 50/60, quadrate con il lato di 30 o 40 cm, bianche, macchiate di poligoni irregolari marroncino chiaro, cappuccino, caffè macchiato e cose così.
Io dovevo fare pipì.
Guardavo avanti e c'era il figlio dell'amica di mia madre che pareva avesse appena utilizzato il water che era sul lato della camera da letto. A me mi fa un po' senso l'idea che il water sia lì e che ci sia il figlio dell'amica di mia madre che può vedermi. Però devo fare pipì. Mi avvicino, tutto il resto della scena scompare. Vedo solo la parte anteriore della tazza e una roba viscida e dotata di ventose di color rosa-marroncino che tenta di arrampicarsi, mentre si sente il rumore dello sciacquone. Ma la cosa marrone lotta strenuamente contro lo sciacquone e il suo tentacolo grasso e tenace affiora alla superficie con tutta la forza. Il polipo gigante si fa strada nella mia vita.

C'è che tutti noi, chi più chi meno a seconda della nostra sensibilità e della nostra esperienza, abbiamo gelosie, invidie, emozioni, affetti, desideri, rancori, senso di sconfitta. A volte alcuni di noi lottano contro questi sentimenti, che si insinuano inattesi nelle nostre vite, alla tua festa di compleanno o mentre sei in un barcon un'amica a goderti qualche prelibatezza ingrassante. Alcuni di noi, sempre gli stessi o anche altri, lottano anche contro le proprie paure, quelle che ci prendono così per caso e che di primo acchito non riconosciamo. La paura, tanto per dirne una, di una relazione amorosa, che infondo è da anni che desideriamo. La paura di prendersi cura di qualcuno e che quel qualcuno non si prenda abbastanza cura di te. La paura di dare troppo, più di quello che danno a te. O la paura, a volte quasi pietrificante, dei pettegolezzi inutili, della cattiveria gratuita e fine a se stessa. Ci sono momenti in cui tutti questi sentimenti si uniscono a formare un'enorme matassa di ansia all'interno delle tue ossa e della tua carne e momenti in cui come per magia la matassa si sbroglia e il filo si srotola contento sospinto da quel gatto arruffato che è la tua sempiterna voglia di vivere.

C'è che sappiamo che tutto finisce. C'è che sappiamo anche che nuove cose cominciano.
C'è che sappiamo che c'è gente capace di amore vero, anche se c'è gente, forse la stessa forse no, capace di odio agghiacciante.

mercoledì 3 novembre 2010

vita interiore

Scritto il primo novembre
Arrivano e sorridono.
Le prime sono due sorelle brune “Felicidades, Anna, Felicidades”.
Dopo molte pressioni e un po' di antipatia camerierante troviamo una mesa, ce la danno più che altro perchè abbiamo 'okkupato' i due tavolini che sono all'ingresso, nella verandina. Siguen sonriendo. Parliamo della sera prima, di quello che hanno fatto, di quello che 'non' ho fatto io.
Arriva un altro sorriso. Lì con le sue stanghette verdi abbinate ai suoi occhi sorridenti.
Io ho sempre questa cosa qui, con gli 'ospiti' e quando organizzo qualcos,a che ho sempre paura che la gente non si diverta e non si senta a suo agio, come se dipendesse da me.
Quattro ad un tavolo da quattro. Telefonata: “Sono in ritardo, ho un dolce nel forno. Arrivo fra un'ora”.
Siamo lì charlando, un po' a fatica, tra gente che non si conosce molto, poi arriva un viso serio, nei suo occhiali bianchi che fanno tanto film con Monica Vitti, una mano dal tavolo si stende in saluto, e un sorriso di occhi scuri accende “gli occhiali come due fanali”, e una macchina fotografica rétro

scritto il due novembre
è bello sentire la tua mancanza quando è ormai sera, e aver voglia di tornare a casa per chiederti come stai. accendere la miracolosa sfera verde con il segno di spunta bianco per cercarti, non trovarti, dire a me stessa che ti manderò un sms, aprire svogliatamente la mail e lì come per incanto -'you've got mail'- trovare la tua mail che mi chiede dove sono e mi manda un bacino.
Avere voglia di parlare con te e sapere di avere la confidenza per chiamarti a mezzanotte meno un quarto, sapere che in fondo sarai contento, non mi hai scritto tanto tempo fa, non più di dieci minuti, non posso svegliarti, non voglio ma voglio dirti buonanotte.
E la tua voce sorride, a telefono mentre mi racconti di customer e tonni, valigie e aerei.
Una voce che mi ha dato serenità.

Può essere che domani qualcosa inizi -o finisca- che mi allontani da te. Ci pensavo in metro, non voglio che questa cosa mi allontani da te. Nemmeno dagli altri, ma soprattutto da te. Pensavo a quella cosa che mi hai detto quel pomeriggio che venni da te, quel giorno in cui la tua risposta sorprendentemente fu 'sì' alla mia proposta di un giro al centro commerciale. Mi dicesti 'quest'inverno se non ti sei fidanzata vieni a casa mia una domenica e ci facciamo una minestra e stiamo in casa al calduccio'. Mi piacerebbe poterlo fare. E abbracciarti. Ho voglia di abbracciarti, a te e un po' al mondo intero, anzi no a quel mondo a cui voglio bene. Ma a te di piú. Io credo nella vita e penso che lo faremo. Volevo chiederti scusa anche per quella cosa della gelosia che ho detto l'altra sera e che forse non era la prima volta che dicevo. Non so bene perchè, a volte ho questa cosa di aver paura di essere abbandonata, mentre invece tu, lei e gli altri oggetti della mia -di solito temporanea- gelosia, siete importanti per me, e non voglio perdervi e voglio che siate felici, come che sia.
Tu e tutte le persone speciali come te avete reso più belli questi trentacinque anni che ho vissuto.
Grazie per la tua voce sorridente, per il verde delle tue stanghette.
Non so se si può capire, forse non lo capisco nemmeno io.

Scritto il tre novembre

La continuazione di quanto scritto il primo novembre.... forse...

lunedì 11 ottobre 2010

...le mie chiavi di casa puoi tenertele tu...

...faccio a pugni con te e ti vengo a cercare...

insomma sto ancora così con questa voglia di parlare e parole che si fermano a metá. pensieri che si mettono in ordine da soli ma emergono solo quando sei arrabbiata o almeno un po' delusa.

qualcuno che si isola, che ti dice che è stanco, che ha voglia di starsene da solo, e tu che ti senti esclusa.

l'abitudine ce l'hai fatta a questa vita, hai visto che in un modo o nell'altro vai avanti e che sulla tua strada incontri gente che vale la pena di essere conosciuta.

fai sogni strani, con gente strana. sogni profondi e scuri. con pezzi di te, di un'altra te.

la difficoltá a confrontarsi con la gente con cui passi tuo malgrado la maggior parte del tuo tempo.

nessuno che davvero davvero sia in grado di penetrare nei tuoi pensieri. o piú che altro nessuno che ne abbia voglia. tutti ne hanno giá abbastanza dei loro problemi e dei loro pensieri. qualcuno magari pensa anche che le cose te le cerchi, a iniziare una storia con qualcuno che vive all'altro lato del continente. non è che poi davvero davvero hai bisogno di qualcuno che si preoccupi per te e che penetri in tutti i tuoi pensieri, la veritá è che sei abituata a com'è la tua vita e che il pezzo di solitudine che c'è a volte quando torni a casa la sera è un po' un pezzo di te.
peró in un pezzettino minuscolo della tua carne e del tuo cuore te lo ricordi ancora com'era quando c'era qualcuno con cui dividevi tutto, che quando i suoi piedi camminavano, camminavano i tuoi, quando i suoi occhi sorridevano sorridevano i tuoi.

...e altre parti altre parti di me...

andarsene era scritto perció ciao ciao, giá parte il treno...

a volte non credo piú in niente...

domenica 10 ottobre 2010

sogno con un doppio

c'era il mio ex e un suo amico del liceo. il mio ex era come me lo ricordo nell'ultimo periodo che stavamo insieme. il suo amico mi sembrava qualcuno conosciuto da sempre, appunto un compagno di scuola, un po' trasandato ma affidabile. a un certo punto qualcuno dice anche il nome e il cognome del compagno di scuola e a me nel sogno mi sembra normalissimo. poi mi sveglio e all'improvviso mi accorgo che il compagno di scuola era il mio ex com'era ai tempi del liceo e che il nome e il cognome del compagno di scuola sono in realtà il nome e il cognome del mio ex.
il sogno era popolato di gente, più o meno riconoscibile, probabilmente di periodi diversi della mia vita. il locale era come uno di quei pub di londra a soffitto altissimo, come quello dove prima c'era la banca d'Inghilterra. c'erano dettagli di antichità, la luce era la luce delle case negli anni settanta. Il mio ex sorrideva. Io ero contenta di averlo di fronte, e così sorridente.

Poi c'era il mare di Paestum, che si vedeva. La Paestum dei miei sogni non la Paestum reale. Una strada che corre vicino al mare con l'acqua che invade la strada. Tutto azzurro, acqua trasparente.

sabato 9 ottobre 2010

il cambio di stagione

i sentimenti poi sono una cosa naturale ma allo stesso tempo complessa, proprio come la vita.
in questi giorni mi riesce difficile parlare. ho cuore e cervello pregni. vorrei dire e dire e dire, a chi mi sta intorno, ma non mi esce. è che sono come sentimenti e pensieri in evoluzione. e io pensieri e sentimenti in evoluzione spesso non li esprimo perchè mi danno ansia.
vorrei scriverne. scriverne a mente libera si che mi verrebbe e mi aiuterebbe a rischiararmi le idee, ma...

...mentre quando ho iniziato a scrivere sul blog nessuno conosceva la mia faccia, chi ero, come mi chiamavo, quello che volevo nella vita, ora varie persone mi conoscono e ancora altre mi conosceranno presto. alcune fanno parte della mia vita quotidiana o quasi e alcuni dei miei pensieri li conoscono lo stesso o li conosceranno presto. allo stesso tempo potrebbero essere sorpresi di quello che potrebbero leggere qui. e un pensiero o un sentimento per me in evoluzione e passeggero potrebbe restar piantato nella loro testa per l'eternitá.

mercoledì 6 ottobre 2010

bisognerebbe smettere...

... a volte di dare importanza alle proprie emozioni.

domenica 3 ottobre 2010

del ritorno di Montalbano e di altre amenitá

'Perchè quand'è che se n'era andato Montalbano?' direte.
non credo se ne sia andato da nessuna parte, è sempre lì a Vigata nel suo commissariato.
ma se n'era andato dalla mia vita, avevo finito i libri e ho dovuto aspettare di andare a svaligiare la libreria di mammá per riportarmelo qui. ora c'è. e stamattina in metro mi ha fatto piangere. che novitá. questo blog è pieno delle storie dei miei pianti. era lì che guardava 'la vita è bella' e piangeva accorgendosi di ció che mancava alla sua vita. 30 cannoli comprati per qualcuno e 4 ore di macchina. e pianti a telefono con Livia.

un po' così mi sento a volte.

poi in un discorso sul piú e sul meno, esce fuori un discorso sul modo di relazionarsi ai bambini. La ragazza dalle unghia lunghe dice che lei spesso è l'unica tra i suoi amici a non fare smancerie ai bambini e che lei ha la certezza di non volere figli e che non è una giovincella.

qualcun altro dice, in un altro luogo e in un altro momento, che quando lui ha portato i suoi figli nessuno a parte me si è avvicinato a salutarli a guardarli e nessuno gli ha detto nulla, come se fossero trasparenti.

in un altro posto ancora qualcuno ieri sera faceva fotografie a bambine che ballavano swing, guardandole con occhi inteneriti e riservando lo stesso sguardo a tutti i bambini nei paraggi.

al ristorante c'èra questo mini dumbo di tre anni massimo, bruttino, con la testa piccola e il muso murino e due orecchie giganti ma così dolce, così dolce, da riempirlo di baci seduta stante, mentre il padre gli arrostiva la carne sotto i suoi occhi.

in un posto virtuale qualcuno scriveva
- ormai sono sicura che sto per sposarmi e che avrò delle bambine bellissime come le cubiste
qualcun altro rispondeva
- anche io vorrei un bambino

venerdì 24 settembre 2010

"grazie principesa"

Insomma è così, arrivi e ti aspettano all'aeroporto, cosa che non succede spesso. Sono in tre. Hanno sorrisi grandi, vogliono abbracciarti. Anche quello dei tre che non vede, ti dice Ciao con calore, anche se non te lo aspetti. È entrato nel mondo dei quasi adulti da poco e negli ultimi mesi è cambiato. Ti vuole bene per il solo fatto che fai parte di quelle persone che conosce da quando è nato. Insomma erano lì. Poi a casa c'era il cuoco ad aspettarti. Aveva preparato un pranzo sontuoso tutto per te. Dopo il pranzo l'amica delle birre è venuta da te. Tu avevi un superpigiama di snoopy-holmes pronto bello bello per lei. Infondo ti eri persa un compleanno. Ora per un mese avete la stessa età.

Poi chiami qualcun altro. Anche quelli persone di sempre. Questa volta è invito a cena. In una casa mai vista prima. Ciarlare delle nostre vite, dei nostri interessi, dei progetti, di diete passate e future, di matrimoni. Ammirare i piccoli segreti della casa. E il giardino immerso sul costone della sponda di un torrente nel centro della città. E i "come stai bene", e le domande e gli abbracci. E i ricordi. Quel senso di famiglia che c'era a casa loro. Quell'accettazione tranquilla e serena della vita e delle cose della vita nella loro semplicità. Un po' è un insegnamento. Ti accorgi di come eri diversa, quando quelle cose ti sembravano solo noiose. Quando ti sembrava che ci fosse altro da vedere ed esplorare nel mondo, quando avevi affianco qualcuno che non sapevi se davvero poteva farti felice, così diversi come eravate.

Per quel qualcuno oggi è un giorno diverso. Nel frattempo lo è anche per qualcun altro, un qualcun altro che ti scritto "grazie". Chissà se poi uno spagnolo che ha fatto un corso di italiano di livello 1 capisce la connotazione che si porta la parola principessa, nell'uso vocativo, rivolto a una donzella.

mercoledì 22 settembre 2010

Cose turche

era tanto tempo che non viaggiavo sulla Sita e viaggiandoci, non solo ho perso gli occhiali (che sfiga), ma ho anche soperto questo

"non abbiam bisogno di parole per dire quello che è nascosto dentro al nostro cuore..."

venerdì 17 settembre 2010

cose di questi giorni

un piccolo trolley rosso ai piedi del letto, mezzo vuoto. carta d'indentitá e passaporto scaduto, regali per le persone del cuore.

una casa per le vacanze in Parallel, stile eixample. Un amico dei 16 anni, con meno capelli, più chili una moglie chiacchierona e due bambini simpatici. cartine sul tavolo. vino in bottiglie di plastica. pioggia.

il bucato inzuppato in terrazza.

vongole a 4 euro l'una. un ristorante adorabile, teche chic di legno con bottiglie ed etichette chic. fiori chic, clientela chic. tavolino di dimensioni ridotte. olive chic. un amico della direciòn in cravatta blu. sonrisas. aneddoti. cameriere tatuato. cibo che si scioglieva in bocca. conto chic. demasiado chic. anghesi.

ipocondria e qualcosa al fegato. maglietta di kermit. not having a bambino. smiles. lacrime. spoiling.

bingo, voucher. cartella verde. smorfia napoletana.

gli uomini nati il xx settembre. gita e pranzo. io non ci saró. ma lui mi ha chiamato.

amici qui e lì. genovese con le seppie. le organizzazioni di dati. qualcuno più distratto di me. gabacho e alemana. e la chubby girl? foto dell'anno scorso, quando la chubby era yo. vita

domenica 5 settembre 2010

lunedì 30 agosto 2010

di piadine, di teste pelate e altre sciocchezze sottotitolo I got excited with the idea of having a bambino

in questi giorni c'è una cosa di cui vado orgogliosa, le mie home made piadina.
non sapete quanto mi sono mancate le piadine riminesi all'olio d'oliva negli ultimi 5 anni. finalmente ho scoperto che si possono fare in casa. è giá la seconda volta che le faccio e sono venute meglio della prima.

la mia amica che si era sposata mi ha detto 'me ha pasado algo, I'm embarassed'

un weekend a letto con la febbre tra telefonate e dormite
ansia da medico
ansia da futuro
ansia da lavoro

Lui che dice 'I got excited at the idea of having a bambino' che si aggiunge ai 'I know that you would be a good mother'.

Pinta che mi racconta fatti di crisi isteriche analoghe a quelle di O. Avrei voluto che non le capitasse, è come un'ingiustizia della vita quando qualcuno ti getta addosso la disillusione scaturita dal fatto che la vita non è come quel qualcuno la vorrebbe. E tu ti trovi a incarnare, involontariamente, la parte di quello che con la vita ci va d'accordo e per tanto sei colpevole dell'infelicitá dell'altro, nella sua mente deviata.
Io che mi ritrovo cercando un iban nella posta elettronica a leggere i log delle chat con O. Il pensiero del tempo che è passato, di quello che sembrava un affetto vero che si è sgretolato.

Gli intrallazzi in ufficio. E consenguenti domande tra me e me sulle strane manovre.

Il passato, anche quello recente, è così passato.

martedì 24 agosto 2010

una cosa carina

è carino che ti dicano
ah lo sai X mi chiedeva sempre di te, ma scogliera, ma poi com'è che abitiamo tanto vicini e non la incontro mai...

se lo sapesse X che te lo chiedevi anche tu...

lunedì 23 agosto 2010

cose da dire - troppe

ad esempio, il bambino che mi cacciava la lingua in metro, emozionante e divertente. la mia prima conversazione spontanea in catalano- ehm in catastigliano

la conversazione a pranzo con il mio collega. il bambino che ha ucciso la tartaruga. la vicina di casa danese che è morta sul colpo. giovane e bellissima. e ce n'era un'altra, sempre di morte... ma l'ho dimenticata. lo stesso giorno in cui qualcun'altro mi annunciava un evento di morte.

la signora in bus che ha deciso di iniziare una conversazione sulle vacanze in cui ha parlato solo lei e che si è conclusa con lei che mi diceva che lei l'etá mia ce l'ha giá ma poi io chissá se arriveró alla sua.

i miei colleghi che hanno smesso di invitarmi alle birre del venerdì. sará che non sono abbastanza cool.

il fruttivendolo. ma questo merita un post a parte. scogliera e il fruttivendolo, la nuova love story, presto su questi schermi

i programmi per il futuro e il mio portentoso oroscopo amoroso. ma poi, ci credo?
eccertooo

venerdì 20 agosto 2010

fiducia

Guardavo in facebook la foto della mia amica A. e leggevo i commenti dei suoi amici e ho pensato che è la fiducia nella vita che fa la differenza. Andare incontro al futuro, con coraggio, speranza, intelligenza e apertura mentale. Il resto viene da sé.

mercoledì 18 agosto 2010

... conferme...

che poi alla fine è dal bisogno incessante di conferme che si capisce che c'è un gap, una lacuna, uno scompenso. Lasciato da qualche esperienza piú o meno traumatica, ma indelebile, del passato. remotissimo.

ritorno alla normalitá

quando viene la famiglia a visitarti o un amico di sempre o dopo una vacanza intensa, seppure breve, si vivono dei giorni di limbo, di adattamento in cui si lotta, si fa fatica adaccettare il ritorno alla normalitá.
la normalitá. questa parola ricorre nelle righe che scrivo in questi giorni. Cos'altro è la normalitá se non digitare segni significanti su una pagina elettronica afferrando bocconi di ananas da una forchetta? Mentre dalla finestra aperta entra il rumore sporadico di auto e il vociare di gente nella propria casa...
... E Praga si allontana...

piccoli passi

a volte è necessario sentire un vuoto in un modo più forte per iniziare a smuovere le cose. è così, quando la necessitá si fa impellente, che iniziamo a fare cose che in realtá ci richiedono uno sforzo minimo, piú mentale che altro, ma che non facciamo se la vita non ci mette alle strette. Vero?

lunedì 16 agosto 2010

in un grande magazzino una volta al mese, spingere un carrello pieno sotto braccio a te e parlar di surgelati, rincarati....

la mia testa era lì, appoggiata sulla sua spalla, mentre lui guidava la sua fiat-qualchecosa nera fiammante, dopo un giorno in giro per la capitale, diretti al tesco della sua cittá. io stanca, distrutta, semiaddormentata sul sedile accanto al suo
lui lì tranquillo a guidare come se fosse la cosa piú normale del mondo essere in macchina insieme e andare al supermercato
senza niente da dire senza tante parole...

quel senso di normalitá spirava in tutta la macchina che attraversava una cittá di palazzi biancogrigi con un'architettura per me inconsueta
quella normalitá che a volte ci manca
normalitá di sentimenti di cui è inutile parlare
di vite che anche se insieme per 5 giorni vivono quei giorni come fosse l'eternitá
normalitá di un amore silenzioso e discreto
normalitá di un odore noto e speciale, di un gesto normale eppure così speciale

in un grande magazzino una volta al
mese, spingere un carrello pieno
sotto braccio a te
e parlar di surgelati, rincarati
far la coda mentre sento che
ti appoggi a me
...

tu nella vita comandi fino a quando hai stretto in mano il tuo telecomando

normalmente si pensa che se uno non scrive è perché non ha niente da dire.
il discorso fila.
si sa peró io sono la donna dell'incomprensibile, dell'ineffabile di ció che sfugge alle logiche della gente civile, ordinata, organizzata.

ció sta a significare solo una cosa, ossia che non scrivo perchè ho troppe cose da dire e non so quale scegliere. mhmm vedo che non mi credete e un po' fate bene perchè non scrivo non solo perchè non so scegliere quale delle cose che voglio dire, dire per prima ma anche per a conti fatti o pocherrimo tempo. ma proprio pocherrimo.

ad esempio qualche giorno fa volevo farvi ridere con le avventure di scogliera e il decoder del digitale terrestre, in particolare con la conversazione avuta sul ballatoio con l'attempato vicino.
sì del tipo che io dopo 4 mesi senza tv finalmente mi sono decisa a comprare questo TDT ma quando l'ho montato non fungeva. dopo aver fatto gli appropriati controlli con il venditore e aver appurato che fuori da casa mia funzionava, l'imputata è stata l'antenna. comprato il nuovo cavo il decoder non funzionava cmq, allora l'idea brillante è stata andare a bussare ai vicini di casa per sapere se a loro funzionava.
- dlin dlon
-silenzio, poi dopo un po' rumore di mani sullo spioncino
- hola, buenas noches, sono ragazza della porta accanto -che fa tanto proposta indecente, peró no col vicino 60enne un po' scorbutico no-
-altro rumore dietro la porta, che finalmente si apre lasciando il posto alla seguente visione

uomo brizzolato peludo o peloso che dir si voglia in mutande a righe modello ombrellone da spiaggia anni '50 che impugna un minaccioso telecomando [lupus in fabula].
io timidamente dico che ho bussato perchè ho appena comprato il decoder ma non funziona
risposta - chiama un tecnico
io - no ma io veramente... volevo sapere se a voi funzionava, perchè al negozio mi hanno fatto vedere che il decoder funziona e allora ho pensato che era l'antenna
vicino in mutande anzi mutandoni a rigoni verdi arancioni - sì l'antenna funziona te l'assicuro, l'abbiamo fatta collaudare, funziona in tutto il palazzo, si sente fin qui la senti [dice agirando il telecomando]
io - no veramente non la sento... [notasi che io ero lì un po' incredula che non capivo...]
lui - come non la senti, entra che è accesa, ti dico si vede, benissimo
io - presa di sorpresa resto a bocca aperta perchè vorrei dire che chissenefrega di vederlo coi miei occhi, ci credo se me lo dice lui.
lui peró si fa tutto il suo film e decide di dirmi con sorriso arguto - dai ho capito, entra che io resto fuori
io, tra me e me penso - ma cosa pensi, pensi che io penso che vuoi violentarmi bhuahuahuahua

PENSIONATO CON MUTANDONI A RIGHE VIOLENTA GIOVANE VICINA ALTA 20 CM PIÚ DI LUI MINACCIANDOLA CON UN TELECOMANDO

io - no pero no hace falta, yo solo querìa saber... se è l'antenna cosa devo fare perchè me l'aggiustino.
lui - l'antenna funziona. se hai problemi chiedilo a un tecnico [quanto meno non si contraddice], agitando il telecomando e ogni tanto guardandosi le mutande [infondo un po' in imbarazzo deve essersi sentito anche lui].
io - vabbè dai se non è l'antenna ci riprovo, grazie
scogliera rientra in casa incredula. alla fine ce la mette tutta e riesce a botta di tentavi e regolazioni di volume e colore a visualizzare le immagini e a vedere programmi, hip hip urrá
ma...
ride bene chi ride ultimo...
da ieri la tv non trasmette piú video ma solo audio, sì solo audio per la precisione la radiooooooo

domenica 15 agosto 2010

brezza

stamattina sembrava una domenica in settembre... la brezza era un po' fredda per agosto, e le finestre spalancate infreddolivano Scogliera e la sua casa. l'unico raggio di sole peró che entrava dalla finestra era caldo.
ora la brezza non c'è piú o è molto leggera, riesce a malapena a sollevare di un paio di centrimenti la tenda con la velocitá della risacca di un mare completamente calmo.

un weekend in casa, con il corpo debole e la mente occupata a ricordare, sognare, arzigogolare e a fare vani tentativi di prevedere il futuro, da qui alla fine dell'anno.

mercoledì 28 luglio 2010

lasaña vegetal

in una vita passata, o anche in più di una scogliera era una cuoca...

a scogliera, se non lo sapete, piace mangiare, e qual è il modo migliore per mangiare bene se non cucinare ció che piú ci va.
scogliera è anche dotata di fervida immaginazione, piú o meno in tutti i campi della sua vita e cerca giorno dopo giorno di sfuggire alla routine del suo lavoro così uguale a sè stesso giorno dopo giorno, ora dopo ora, minuto dopo minuto. per farlo sconvolge un micropezzetto della sua vita tutti giorni, in qualsiasi modo, scendendo dalla metro una fermata prima, camminando per vicoli di una periferia che non piace a nessuno scoprendo piccole botteghe, aggiungendo gli ingredienti piú strani ai suoi caffè e, dulcis in fundo, cucinando.
sì perchè cucinare è una di quelle cose che le libera la mente e il cuore e che ad ogni sessione puó essere diversa dalla precedente.

martedì 20 luglio 2010

domenica 18 luglio 2010

un amico mio

l'anno scorso non ricordo bene quando ci fu il no berlusconi day.
un mio amico d'irlanda che ora vive da qualche altra parte in europa ci andò. io su fb gli chiesi come era andata e lui mi disse di leggermi il racconto sul blog di un suo amico
l'ho fatto. il primo commento al post era del mio amico e rimandava a un blog. il blog del mio amico. che io non sapevo che avesse. ma sapevo che al mio amico piace scrivere. e leggere. avevo letto le sue lettere alla rubrica di severgnini e conoscevo i suoi pun arguti.

quando comincai a leggere il blog era scritto così bene e così intelligente e faceva trasparire tutta la natura e l'intelligenza del mio amico, quella parte di lui che mi affascinava. così anche se mi sentivo un po' come un depravato voyeur ho scartabellato tra un post e l'altro, leggendo di qua e di lá, il suo viaggio in transiberiana, i suoi commenti sull'irlanda e quant'altro. lasciai anche un messaggio anonimo dicendo che scriveva benissimo. poi mi sono sentita in colpa, ho pensato che se avesse voluto che io legessi i suoi pensieri mi avrebbe dato l'indirizzo del suo blog. ho pensato che io mi sarei sentita tradita da un'amico che legge il mio blog segreto senza dirmelo e cancellai l'abbonamento ai feed del suo blog.
oggi per qualche strano motivo sono andata a ripescare quel blog...

se non fosse che non voglio essere trovata vi darei il link, perchè davvero vale la pena di leggerlo.

Vorrei conoscere l'odore del tuo paese, camminare di casa nel tuo giardino, respirare nell'aria sale e maggese, gli aromi della tua salvia e del ro...



visto a Cadaques

venerdì 16 luglio 2010

è estate, luglio 2010
la prima volta che ho scoperto i blog e ho cominciato a scriverne uno, ovvero questo, era luglio 2007.
non sapevo ancora che di lì a poco avrei lasciato di nuovo l'italia per andarmene a barcellona
non sapevo ancora che il mio ex-ragazzo sarebbe stato il mio ex-ragazzo per sempre
non sapevo ancora che avrei imparato due nuove lingue
non sapevo ancora che avrei avuto nuovi amici
non sapevo ancora che un giorno avrei abitato da sola
non sapevo ancora che un giorno avrei pensato che la mia vita non sarebbe mai piú stata nella mia cittá natale
non sapevo chi era Ken Parker
non sapevo quasi nulla sull'indipendentismo catalano
non sapevo di poter suscitare tanto odio
non sapevo cosa fosse Cadaquès
non sapevo nemmeno una parola in polacco
non sapevo che un giorno avrei avuto la volontá e la costanza di dimagrire 9 chili, in realtá non sapevo nemmeno che sarei ingrassata quei 9 chili

non sapevo molte cose
e ancora molte non ne so

non so...
... come sará la gente che conosceró lunedì
... che lavoro faró tra un anno
... dove saró tra un anno
... se i pochi amici che ho qui saranno qui tra un anno
... se ricominceró a parlare russo
... se avró nuovi amici, come saranno, dove saranno...
... se...

domenica 4 luglio 2010

un coacervo di pensieri intersecantisi

insomma ecco qui le nostre paure, tutti ne abbiamo
io ne ho una nuova, di essere odiata
non so se è una vera paura, di quelle che mi porterò dietro, o solo una paura contingente. direi piú la seconda
a un certo punto della tua vita diventi il bersaglio dell'odio di qualcuno che hai amato... e ti chiedi il perché... sai che non ha molto senso chiederselo, che l'odio è un po' come l'amore, nasce y ya está

forse le tue domande sono un po' frutto del senso di colpa, perchè quando quella persona ti ha escluso dalla sua vita, in qualche modo tu ti sei sentita liberata

hai la testa piena di pensieri, di tutti i tipi, non solo su di lei e il suo odio... hai pensieri sull'amicizia in generale, su come nasce, su come si rafforza, hai pensieri sulle relazioni d'amore nella tua vita e su quello cerchi. di striscio ti sei anche chiesta quali dovrebbero essere le tue prioritá.

quest'anno a metá anno mi accorgo che alcune delle cose che volevo raggiungere le ho giá raggiunte. ho avuto coscienza di me stessa, ho fatto degli sforzi e ho ottenuto il risultato. mi sembra di essere cambiata molto, da questo punto di vista.

è vero sì che le persone a cui vuoi bene lo sanno, e che tu sai che ti vogliono bene e che dirselo è un di piú quasi sempre. quasi.

sembra che uno parli di paure e si senta o venga subito visto come debole. ma c'è una differenza. le paure relative a cose che abbiamo giá affrontato una volta, ci fanno paura lo stesso, ma le affrontiamo con piú tranquillitá perchè sappiamo che ce l'abbiamo fatta giá una volta. è un po' come con l'amore. se giá siamo stati innamorati una volta, quando il sentimento si avvicina, nostro malgrado, inatteso, lo riconosciamo comunque. e ci domandiamo 'ma non sará mica che per caso mi sto innamorando?'. ma affrontiamo la cosa con piú serenitá rispetto alla prima volta. almeno credo.

il penultimo libro di camilleri che ho letto mi ha lasciato un'impressione forte, perchè c'è montalbano che nel corso di un'indagine conosce un tenente donna della capitaneria di porto, una 33enne belissima e prova un'attrazione fortissima. non solo fisica. prova emozioni dimenticate. balbetta, non riesce a pensare ad altro. poi scopre che anche lei prova lo stesso. dopo essersi visti una volta sola, o due. lei gli confessa le sue emozioni e lui sente la paura di lei di fronte a quelle emozioni che significherebbero un cambiamento di vita. un fidarsi cieco. un darsi anima e corpo. lui, nel momento in cui avverte la stessa paura, comprende il fuggire di lei. quando lui si decide a lasciarsi andare al tumulto dei sentimenti...

mi ha scosso.
molte volte negli ultimi 5 anni ho pensato alla paura di amare. in questi 5 anni ho avuto piú volte voglia in momenti diversi di un compagno. ma l'ultima volta che ho avuto un'occasione non mi sono lasciata andare. non è una cosa facilmente spiegabile. ma a volte una cosa ti sembra così buona che ti spaventa. nel mio caso non ero innamorata, perchè era qualcuno che conoscevo appena, ma era qualcuno che corrispondeva ai miei 'canoni', a quei canoni voglio dire che ho avuto per gran parte della mia vita, perchè ora a dire il vero non ne ho piú. non so se i pregiudizi li ho abbattuti io o si sono abbattuti da soli. è difficile dire perchè uno non si lascia andare. nella fattispecie non credo che la persona in questione meritasse il mio lasciarmi andare, ma credo che se io non fossi stata ingessata le cose sarebbero state un po' diverse. non tanto, solo un po'.

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nota a piè di pagina - coacervo, parola cara alla mia prof d'inglese dell'universitá
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poi passa, quel groviglio si scioglie, un giorno così, su uno scoglio al bordo di un mare azzurro blu verde, quando soffia il vento, tu hai un libro per le mani e qualcuno che ti vuole bene da sempre è lì affianco con un altro libro tra le mani. e vi godete il sole. e il fatto di essere insieme, cosa che avviene di rado.

poi passa. vedi gente felice e contenta intorno a te. respiri l'aria di vacanza. respriri l'amore. vedi il tempo che passa tra i solchi nel viso di chi ti sta di fronte. vedi partite che non vedi più. vivi. y ya está.

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nota a piè di pagina - o forse era la mia prof di italiano delle medie
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domenica 27 giugno 2010

domeniche

a volte ci sembra che la nostra vita sia cambiata un migliaio di volte, che anche se abbiamo memoria di quello che facevamo a 10 anni, a 15 a 20, e se sappiamo come siamo passati da una fase di vita all'altra, a volte ci sembra che siamo quasi persone diverse.

quando ero bambina le domeniche pomeriggio erano pomeriggi in famiglia. con mia madre e mia sorella, e mia nonna a guardare la tv o a leggere un giallo nello studio. erano film di disney in tv la sera, compiti a casa non fatti il sabato, chiacchiere tra noi. invece la domenica mattina era sociale, specialmente per via della messa, con il coro, gli amici, la gente. e cucinare. mia madre faceva i calzoni fritti o la sogliola indorata e fritta che si annoverava tra i miei cibi preferiti.

da quando vivo sola la domenica sera mi piace stare a casa. mi piace cucinare, pensare a me stessa, raccogliere i pensieri, proprio come quando ero bambina e lo facevo con mia sorella e mia madre.

stasera ad esempio, sono tornata a casa dopo una lunga passeggiata sul lungomare con un'amica e la prima cosa che ho fatto rientrata in casa-vabbè la seconda- è stato andare a spacchettare le verdure nel frigo, tagliarle a tocchetti e infilarle nel forno, a mò di ciamfotta. non che ne avessi veramente bisogno, infatti la cena pronta ce l'avevo giá e anche il pranzo per domani. ho giá cenato e le verdure sono lì ancora nel forno. zucchine melanzane e un peperone che odorano di menta e cipolla. la casa profuma di famiglia

mercoledì 23 giugno 2010

23 giugno

ho visto su wikipedia i Santi di oggi, sono santi con il cognome, e questo già la dice tutta.
Però che santo è domani non c'è bisogno di controllarlo da nessuna parte.
Domani è San Giuànn, come si direbbe a Napoli, e in Catalogna la festa comincia il 23 notte. Una masnada (che bella parola masnada*) di gente si catamina sulla platja a bere, a ballare e a sparare petardi, come già ci ha ricordato un altro catalano acquisito altrove.

Scogliera ha una strana relazione con questa festività, a metà tra l'impotenza e l'emarginazione. Per qualche recondito motivo sì, questa festa mi fa sentire impotente ed emarginata.

Insomma quello che davvero ci interessa è che a San Giuànn non si travaglia, non si lavora, ergo non si soffre. Quando studi lessicografia all'università ti spiegano questa cosa di come un lemma in una stessa lingua o in due lingue diverse cambia di significato nel tempo e passa designare qualcos'altro che ha con il primo singificato qualcosa in comune. In certi casi poi il lemma che ha mutato il significato cambia anche forma o qualche particolare della grammatica in qualchem odo per sancire dal punto di vista formale l'avvenuto cambiamento. Ad esempio in catalano Terra nel senso del pianeta di dice La terra, ma nel senso di suolo si dice El terra.

Insomma, non si lavora. Non si lavorerà, per essere precisi, perché al momento si lavora.

La primavera, perché si è vero che da lunedì siamo ufficialmente nell'estate ma nella pratica è ancora primavera, è la stagione degli amori. I nostri ormoni travagliano di più, la nostra pelle si fa più luminosa, ci sentiamo più belli, ci vestiamo meglio, notiamo gli uomini che (o le donne) che ci guardano in metropolitana e via discorrendo.

Questa cosa va bene quando hai un fidanzato o quando te lo fai in quella suddetta primavera. Altrimenti è un po' frustrante, perché quell'atmosfera sognatrice e da sogno si infrange contro uno scoglio di realtà, come un'onda invernale durante una mareggiata, quelle onde che frantumano i muretti difensivi dei lidi sul litorale...

Insomma c'è di buono d'altro canto che la primavera ti fa anche vedere il bello e sorridere, ma sorrideremmo di più senza questo cielo grigio, nevvero (avrebbe detto la mia prof di italiano del liceo)?


*Devoto e Olio dicono:
ETIMO Dal provenz. maisnadafamiglia, servitù’, dal lat. *mansionatagente di famiglia’, der. dimansio -onisabitazione

venerdì 18 giugno 2010

non di solo 'les corts' vive l'uomo

d



questo è essenzialmente un post di foto dedicato al mio inviato speciale a barcellona preferito, ovverossia il signor hanz
al grido del motto non 'non di solo les corts vive l'uomo' vi presento un po' di foto prese al parco della guinaueta una domenica in cui tanto per cambiare si festaggiava qualcosa.
la cosa carina erano i cartelli, sparsi per tutto il parco ed erano carini perchè erano, udite udite, gli stessi cartelli usati nel 1985 per la stessa festa di cui si celebrava l'anniversario.
insomma forse non era la sera migliore per caricare le foto perchè la mia connessione fa i capricci.
a presto.

martedì 4 maggio 2010

Els nens quins anavan al zoo i altres comptes

A volte, quando hai voglia di parlare con qualcuno che da tempo non si affaccia più alla tua vita, scopri che anche lui aveva voglia di parlare con te. Lo scopri per caso. Perché una conversazione iniziata per caso e cominciata in modo quasi formale e sbocconcellato si trasforma in un lui che si dice di non essere capace a fare un passo importante nella sua vita, e in una lei lì ad ascoltarlo a pensare nelle sue di impossibilità.

Una notte facevi fatica a dormire, l'acqua picchiettava alle finestre con solerzia, mentre gli occhi ti bruciavano per le lacrime che non eri riuscita a trattenere mentre qualcuno che ha ancora un posto dentro la tua anima ti apriva la sua. Poi ti svegli. Nove minuti prima della sveglia del cellulare rosso. Non quello che fa "Son las ocho horas en punto. Es ora de levantarse". L'altro. Hai mal di testa e nemmeno ti alzi che già ti droghi con Espidifen, perché è un giorno in cui già trabocchi di emozioni, un giorno in cui sei ancora come una spugna rigonfia per le lacrime della notte prima, e non puoi farcela con il mal di testa. Fai colazione lentamente, fai la doccia lentamente, senti un sms che arriva sul telefono italiano, sai già che è Faccinda. Hai un po' di ritardo. Raccogli tutto ciò che ti serve, ti guardi nello specchio, indossi il basco che hai comprato da H&M a Belfast e apri la porta. Al pianterreno l'uomo del pian terreno sta scopando le mattonelle giusto davanti alla sua porta e davanti alle scale per le quali scendi. Ti guarda dai piedi verso alto. Tu dici Buenos dias e lui quasi si sorprende. Passi. Lui continua con la scopa.
Dal fruttivendolo non ti fermi a comprare le fragole. E' tardi e le signore si accalcano all'entrata.
Il treno della metropolitana arriva bofonchieggiando mentre tu scendi le scale, di fretta. Ti dici "non c'è fretta, ce la faccio" e infatti ce la fai. Sali ti siedi vicino al finestino. Il vagone è mezzo vuoto, nei quattro posti paralleli al tuo è seduto solo un signore, lato finestrino, con una fasciatura al piede e una stampella. Viso perso nel vuoto, come ogni passeggero di metro.
Sei lì seduta, senza verve. Man mano che il treno avanza ti perdi nei tuoi pensieri, sei così persa che non sai nemmeno cosa stai pensando. La spugna è ancora turgida. Le emozioni sono lì, non bollono più ma ondeggiano sotto la superficie.
Rinvieni per un secondo, noti come sia tu che il signore siete già in Modalità Metro, completamente alienati. Il secondo è passato e ti allontani di nuovo.
Ciùciù, chafchaf, jajajaj, bobobobo, fotfotfot, SPATAPALASH.
Bambine e bambini sui dieci anni, vocianti e di corsa si accalcano nel quadrato tuo e dell'uomo e lottando per un posto si siedono in sette nei tre posti liberi del tuo quadrato. Le prime due sono donne. Una bambina morena, alta e magra, con il codino alla Mimì Ayuara, gli orecchini un punto brillante sulla pelle giovane, una catenina d'oro sottile, una tuta di buona qualità, occhiali da vista alla moda e un sorriso che incanta. Ti guarda un istante e tu in quell'istante sorridi a lei, alla sua giovinezza e al jaleo allegro di quel gruppetto che porta le emozioni della vita di nuovo a contatto con la spugna. La bambina bionda, mingherlina mingherlina e bassina dice un timido Hola e si apre in un sorriso gioioso quando tu sorridendo le rispondi con voce squillante Hola. La comitiva è ora adagiata nei posti. Parlano, guardano foto su una macchina digitale, si fotografano tra loro, finché tu non ti accorgi che il contatto con quella vita fa gocciolare la spugna, che è già troppo piena. E vedi che la piccola donna morena di dieci anni guarda quell'emozione che scorre sul tuo viso sottoforma di acqua. Poi cerca un momento in cui tu non guardi (o in cui lei crede che tu non guardi) per mettersi una mano davanti alla bocca e seminascodersi dietro l'orecchio della bambina bionda e sussurrarle qualcosa all'orecchio. La bambina bionda ti guarda. Tu ti accorgi che non devi piangere davanti a quelle creature che ancora non conoscono la vita. E ricominci a sorridere, chiedi al bambino grassottello alla tua destra dove vanno. Al zoo, ti dice un po' titubante. Sicuramente a casa gli hanno detto di non parlare con gli sconosciuti. La comitiva ripende a vociare. Poi a un certo punto ti accorgi che piangi di nuovo e che anche un altro bambino appoggiato con i gomiti allo schienale delle bambine ti guarda. Capisci che non puoi attivare la diga a quel fiume. Allora ti alzi, quasi dimentica di loro, solo li vedi perché è da loro che ti nascondi. La bambina bionda pronuncia un Adeu deciso quando ti vede alzarti ed entrambe le bambine ti sorridono, come per darti coraggio ma hanno un'ombra negli occhi. Tu ti accorgi che sei stata maleducata ad andartene così, ti rigiri a metà e dici con un sorriso forzato Adeu, avendo cura di lasciare il viso seminascosto alla loro vista.
Non è la tua fermata. Ti appoggi lì a uno schienale, di spalle a loro. Gli adulti di fronte possono tranquillamente vedere le tue lacrime. Nessun trauma per loro a quella visione. Infatti nemmeno se ne accorgono. Tu sei solo uno dei mille volti che incontrano nelle loro giornate. Finalmente il treno si ferma.

E tu ricominci la corsa verso la tua routine.

mercoledì 28 aprile 2010

una serata normale

il segreto dovrebbe essere trovare il bello nella normalità.
Quando sei triste ti dicono che è perchè non vedi le cose buone che ci sono nelle tua vita.

Io questi giorni ho la fissa che dio è machista, o maschilista per dirlo nella mia lingua. Ché le lingue le mischio sempre di piú. Anche gli accenti ora... ma gli accenti dipendono solo dal teclado...
A volte le parole invece non me le ricordo. Oggi un compagno di catalano ha quiesto come es diu in catalano desafìo e la prof ha risposto con una parola che più o meno somigliava al castigliano ma io non mi ricordavo il significato di desafio, così ho chiesto allo svedese ¿y que es? e lui "Challenge! Com es diu challenge en italiano?" "Sfida".

L'evento del giorno qui è stato Inter Barça, a occhio e croce direi che non c'è abbastanza casino per pensare che il barça abbia vinto... forse basterebbe aprire repubblicaonline per saper-lo. Ma voglio davvero saper-lo? No, non è un'andata a capo sbagliata. Il fatto è che in catalano ai pronomi attaccati verbi mettono il guillon. L'hyphen, per confondere ancora di più le acque...

venerdì 16 aprile 2010

Dottò, permettete una domanda?

Me lo chiedevo ieri sera nel letto.
Come mai esiste gente buona e gente cattiva?

Voglio dire, ci sono due categorie di persone nell'approccio agli altri. Una categoria è molto più grande dell'altra.

Ci ho pensato perchè ieri sono andata a trovare una mia amica che si è operata a un piede. E c'era la mamma. Una donna con la faccia buona. Seria, ma con l'atteggiamento di persona di buoni sentimenti.
E ci ho pensato perché in questi giorni mi accorgo in ufficio della cattiveria della gente.

Cioè ho questa cosa in quest'ufficio dove lavoro che pare che quando apro la bocca la gente mi deve contestare. Cioè io dico A e loro dicono "no è B". A volte nemmeno ascoltano quello che dico. Solo che hanno deciso che io non posso dire cose giuste.

Esaminando la cosa a mente fredda, a cominciare da quando lavoro in questo posto... ho cominciato a cercare di capire da dove è nato questo atteggiamento.
Un poco dipende da me, dall'atteggiamento scanzonato con cui sono arrivata qui. Dall'altro dipende dal fatto che a volte la gente, a causa della vita frustrante che facciamo, sente una necessità interiore di sentirsi migliore. E zac al primo errore che fai o alla prima cosa che dici che è un poco originale ti etichetta.

E fin qui niente di strano. Si può arrivare a volte però a situazioni estreme in cui le persone ti fanno cadere in fallo con dolo. O solo odiano il tuo sorriso e cominciano a romperti i coglioni.
In una maniera un po' sadica.
Come se stessero bene a vederti triste e sconsolato. Come se esercitassero su di te la loro vendetta sulla vita.

Poi c'è che la gente è oltremodo competitiva. È una cosa che io noto subito, perché io sono la negazione della competività. Io faccio quello che mi va e a mio modo e se guardo agli altri, quando fanno cose buone, è solo per apprezzarli e dire loro "ah bravo che bella cosa hai fatto" e in un modo sincero. Non è che voglio "rubargli" qualcosa, copiarli, mandargli sfortuna né fargli i conti in tasca. Invece la maggior parte della gente lo fa. Stanno sempre lì a guardarti, a giudicarti, a farti i conti in tasca. E quasi mai si mettono nei tuoi panni.
A parte alcuni. Quegli alcuni sono quelli che diventano a volte miei cari amici.

No, non è che ho tutti amici così. O forse sì :-P

Quella che per anni è stata la migliore amica e a dire il vero ancora lo è, una delle persone della mia anima, l'altro giorno a telefono mentre mi raccontava un fatto, mi ha detto una cosa del tipo:
"Perché quando ci siamo appiccicate io e te l'anno scorso, io ti scrissi quella mail in cui volevo ferirti e ti scrissi un sacco di cattiverie e tu a telefono cercasti di dirmi cose cattive anche tu, senza riuscirci troppo in realtà (risolino), ma poi abbiamo fatto tutte e due un passo verso l'altra e ci siamo incontrate a metà strada".

Ora, la sapete una cosa? Io non volevo ferirla, io non volevo dire cose cattive, le volevo solo far capire il mio punto di vista. E in più ero ferita, of course. Ma proprio una ferita grande quanto un cratere. Però non mi ha sfiorato nemmeno una volta l'idea di volerla fare stare male. Anzi ho pensato che per avermi scritto quelle cose tremende doveva essere rimasta piuttosto male di una cosa di cui secondo me tutto sommato non aveva il diritto si stare male, nel senso che stare male per quella cosa significava limitare la mia libertà. Il ché diciamolo non è giusto.
Soprattutto con una persona, ovvero io, che per amore della sua libertà nella vita ha rinunciato a cose a cui è piuttosto difficile rinunciare.
Ora, io da molto tempo penso e so che questa mia amica a cui io voglio un bene dell'anima e che è e stata e sarà una delle persone più importanti della mia vita, non è buona come lo sono io. Però lo so che ha un senso di giustizia e quando è il caso frena la sua vena meno buona e ci pensa. Finché, se è il caso, e cioè se chi ha di fronte vale la pena, soggioga la cattiveria. E agisce per il meglio.

Ora io molte volte mi sono chiesta perché nella vita ci sono persone che da quando sono piccole osno più altruiste di altre. Meno egoiste. Meno concentrate su se stesse, meno invidiose.
E anche perché ci osno quelle che pur non essendo buone buone (diciamo pure fesse) per natura riescono ad agire in un modo buono e sano la maggior parte delle volte, e perché poi ci sono quelle insanabilmente cattive.
Come ad esempio quel bambino biondo che abitava vicino a me, dagli 1 ai 25 anni circa. Che mi odiava. Lo scopo della sua vita era farmi del male, mettermi in ridicolo, farmi cadere, ridere di me e cose del genere. Mia madre diceva che lui era così perché la mamma era così. Boh.

E allora...
Scusate, dottò, permettete la domanda: perché?

venerdì 9 aprile 2010

sole fuori

aria viziata dentro

è quasi ora di lasciare il carcere quotidiano

dove andrò, cosa farò? Ai posteri l'ardua sentenza...

sonno

mercoledì 24 marzo 2010

Penso...

... a quel balconcino nell'eixample da cui si vedeva una stradina in salita che però in salita non era. La luce intensa della luna e arancione dei lampioni accompagnava una conversazione allegra e sorridente tra due sconosciuti alti e con gli occhi grandi. Di sesso opposto.

... alla difficoltà che a volte ho a far fronte ai piccoli ostacoli della vita quotidiana. Ai modi aggressivi di chi si siede di fronte a me per otto o nove ore al giorno.

... al raggiungimento dei piccoli obiettivi. Alla soddisfazione di quando ti infili una camicia che non si chiudeva più da anni.

... al tempo che fu. Agli odori che non annuserò mai più, perché già non esistono.

... al "proietto" che il capellone di fronte a me mi ha appena inviato... auch

lunedì 15 marzo 2010

e in via Petroni si svegliano, preparano libri e caffè e io danzo con Snoopy e con Linus un tango argentino col casché!

La prima volta era la gita del terzo liceo classico.
Non ricordo molto, ricordo alcuni compagni. I miei preferiti e quelli che ancora non lo erano ma lo sarebbero diventati. Ricordo un tipo che piaceva a mia sorella e mi ricordo i portici. Grandi e antichi. Più grandi e più antichi di quelli che si vedevano nel film di Don Camillo, che era l'unica conoscenza che avevo dell'Emilia. Mi ricordo l'impressione che mi fece San Petronio, lì tutta scura nella sua pietra (che pensai grigia). Mi ricordo le scale per i cavalli nel palazzo dei Bianchi. E il castello nel mezzo della piazza. Mi ricordo che salimmo sulla torre degli Asinelli e forse era la prima volta che vedevo i tetti di una città.

La seconda volta ero innamorata. Avevo 19 anni appena, era l'inizio del mio secondo anno di università. Andavo con un lui che mi dava sicurezza e di cui mi fidavo ciecamente a casa di sua sorella maggiore sui colli tra Bologna e Firenze. Mi ricordo che bologna fu la nostra prima tappa. Partimmo in treno di sera tardi. Uno dei primi Eurostar che passava per la mia città. Avevamo zaini con i panini e posti a sedere su cui dormimmo. Arrivammo a bologna che l'alba stava per illuminarci. E ci illuminò mentre eravamo seduti sul ciglio del marcipiede davanti alla chiesa di Santo Stefano. Due ragazzoni dalle facce bambine ad aspettare per iniziare il giro delal città a cui potevamo dedicare un giorno soltanto. Fu amore un'altra volta. Camminare, camminare, camminare senza fermarsi mai.

Poi ce ne sono state altre tutte con quello che per anni e anni ho pensato fosse l'uomo della mia vita. E lui era la persona giusta per godersi quei portici. Camminava tanto quanto me, gli piaceva la storia che trasudava da quei muri e da quelle colonne e per lui come per me Bologna era quello che Guccini ci aveva raccontato nelle sue canzoni. L'esplorazione di Bologna fu un'esplorazione dei Loci gucciniani. Respiravamo quell'aria senza andarci in quelle osterie, senza sapere nulla di quell'epoca e della gente che popolava l'immaginario gucciniano. E rivivevamo tutto dentro di noi.

Ci andai con la mia migliore amica per fare un test d'ingresso a un master di non so cosa. Ricordo vago. Di ansia.

Poi poco dopo la fine dell'idillio ci andai con mia sorella e la sua amica americana vegana. Ma pensavo ad altro, non davvero a dov'ero e a cosa facevo. Ma solo a quello che Bologna aveva rappresentato per me.

La settimana scorsa, ci sono andata di nuovo. Con la mia famiglia. Bologna, sempre la stessa ma nuova per me. Pura ai miei occhi. I ricordi sono già ricordi fievoli. Ricordi di gioventù e nient'altro. E di Bologna ho respirato l'aria di neve, l'opulenza stanca, quasi antica e l'abitudine della gente per strada. Di Bologna ho gustato le pietanze, ho ammirato l'archiettura, ho guardato i colli.

E io non sono nata bolognese per errore.

venerdì 12 marzo 2010

venerdì 5 marzo 2010

mercoledì 17 febbraio 2010

Dietro a un miraggio c'è sempre un miraggio da considerare (this is a song, listen to it if you don't know it)

Tonight my thoughts are a bit less smoky, a bit more tidy, a bit more positive.

C'è che...

ho ripensato a quella cosa che scrivevo l'altro giorno sull'essere positivi. Someone told me some weeks ago that I shouldn't think in a negative way, that I have always to look at the good side. I thought of that, as I was really surprised that he was seeing me as negative. My rule in life in the last years has always been to enjoy what life gives me, and when I'm sad I try to see the positive side. And I smile every day, many times a day. He also told me that maybe I had to consider there was someone negative around me affecting my mood. He didn't say that clearly, but he put it in a way so that I could get it by myself.

Of course I'm smart so I thought of it. Especially to the fact that someone else had to give me advises on that.
Then today...

(to be continued)

domenica 14 febbraio 2010

Febbraio

Gentile Signora Scogliera,

dopo aver esaminato attentamente la posizione dei pianeti nelle sue case e contastata la posizione favorevole di Venere e Giove nonchè della luna siamo pronti per darle il suo oroscopo personalizzato per il mese in corso.

In questo mese si alterneranno la voglia di vivere esperienze nuove e socializzare e momenti intimistici in cui il suo io introverso avrá la meglio. Questi momenti di isolamento aumenteranno verso la fine del mese: non vanno visti come un ripiego e una rassegnazione, come il rifugio da un vita negativa. Rappresentano piuttosto un punto strategico da cui osservare il mondo e la sua vita recente astraendosene per guardarla dall'esterno con obiettivitá.
Questo periodo prelude probabilmente a un periodo in cui volontariamente sceglierá uno o piú cambiamenti. Le novitá non si faranno attendere sia da un punto di vista lavorativo, che intimo e sociale.
Questa rigenerazione richiede peró uno sforzo da parte sua, Signora Scogliera. E' giunto per lei il momento di liberarsi di quella negativitá che si porta dietro da circa due anni. Sia essa una persona che influisce negativamente sul suo modo di vedere la vita e di vivere le emozioni, sia essa un qualche elemento del passato che ha ancora ripercussione su di lei o un modo negativo di guardare al suo lavoro e alla sua vita professionale, questo è il momento per fare piazza pulita della negativitá. Non è necessario un rifiuto radicale. Puó pensare a una strategia per parlare per con la persona negativa che le vive accanto, per dare un senso al vecchio che ancora la influenza, per attivare meccanismi produttivi nella sua vita lavorativa. Sta a lei prendere il bastone del comando, senza impulsivitá, e valutare attentamente cosa le conviene di piú. Sì abbiamo ben chiaro che le parole "convenienza" e convenire" non sono di suo gradimento e non fanno parte del suo lessico. Alla sua etá peró è forse giunto il momento di accettare che il mondo intorno a lei, non è tanto idealista quanto lei. E adeguarsi.

Questo è il suo anno, Scogliera. Non si faccia prendere dallo scoramento e affronti la vita a testa alta. Alla fine dell'anno sará sorpresa dei risultati che avrà ottenuto.

Ringraziandola di essersi rivolta a noi, le auguriamo una felice domenica.

Il team di Tra me e le mie parole

giovedì 28 gennaio 2010

gennaio

Se fossi un fumettista probabilmente disegnerei il mio gennaio e lo scannerizzerei e poi lo schiafferei qui.
Recentemente ho conosciuto un fummettista che alla lezione di lingua impara la lingua disegnando le parole. Anziché scrivere la traduzione accanto alla parola nella lingua da apprendere lui disegna le parole e ci mette dentro la lingua originale. Diciamo che fa praticamente una traduzione da un sistema di segni (linguistico) a uno non linguistico. La cosa mi ha non poco impressionato, anche perchè velocissimo.
Peró non sono un fumettista. Io posso trasformare un codice in un altro codice dello stesso tipo peró cambiare sistema di segni no. Oddio magari posso parlare un poco a gesti, come tutti i campani :-)

Quindi il mio gennaio io lo posso descrivere solo a parole. E le parole che conosco meglio sono ancora quelle italiane.
La veritá è che non ho molto da dire di recente. Sono in fase intimista. E spaventattissima che il mondo reale scopra il mio mondo virtuale. A volte ci penso. Tutto sommato non sarebbe così male, peró boh mi fa un po' strano. Ho anche pensato di chiudere il blog e farne uno ancora più anonimo... ma poi boh... per il momento ancora no.

Nel lettore CD gira De gregori ed è appena suonato il citofono, asì que me voy :)

venerdì 15 gennaio 2010

Duda

Scorpione (23 ottobre - 21 novembre)

Nella prima metà del 2010 la tua vocazione si farà sentire con più forza e insistenza di quanto non faccia da anni. Ti bisbiglierà all’orecchio parole seducenti mentre stai per addormentarti. Trillerà come un campanello d’allarme a metà mattinata. Cercherà di sedurti come un serpente tentatore e ti metterà in agitazione con i suoi continui inviti a entrare in azione. Come reagirai a questi richiami della tua massima autorità interiore? Questa settimana lo saprai.


Vabbè, ma qual è la mia vocazione? Questà è la vera domanda