Pagine

mercoledì 24 marzo 2010

Penso...

... a quel balconcino nell'eixample da cui si vedeva una stradina in salita che però in salita non era. La luce intensa della luna e arancione dei lampioni accompagnava una conversazione allegra e sorridente tra due sconosciuti alti e con gli occhi grandi. Di sesso opposto.

... alla difficoltà che a volte ho a far fronte ai piccoli ostacoli della vita quotidiana. Ai modi aggressivi di chi si siede di fronte a me per otto o nove ore al giorno.

... al raggiungimento dei piccoli obiettivi. Alla soddisfazione di quando ti infili una camicia che non si chiudeva più da anni.

... al tempo che fu. Agli odori che non annuserò mai più, perché già non esistono.

... al "proietto" che il capellone di fronte a me mi ha appena inviato... auch

lunedì 15 marzo 2010

e in via Petroni si svegliano, preparano libri e caffè e io danzo con Snoopy e con Linus un tango argentino col casché!

La prima volta era la gita del terzo liceo classico.
Non ricordo molto, ricordo alcuni compagni. I miei preferiti e quelli che ancora non lo erano ma lo sarebbero diventati. Ricordo un tipo che piaceva a mia sorella e mi ricordo i portici. Grandi e antichi. Più grandi e più antichi di quelli che si vedevano nel film di Don Camillo, che era l'unica conoscenza che avevo dell'Emilia. Mi ricordo l'impressione che mi fece San Petronio, lì tutta scura nella sua pietra (che pensai grigia). Mi ricordo le scale per i cavalli nel palazzo dei Bianchi. E il castello nel mezzo della piazza. Mi ricordo che salimmo sulla torre degli Asinelli e forse era la prima volta che vedevo i tetti di una città.

La seconda volta ero innamorata. Avevo 19 anni appena, era l'inizio del mio secondo anno di università. Andavo con un lui che mi dava sicurezza e di cui mi fidavo ciecamente a casa di sua sorella maggiore sui colli tra Bologna e Firenze. Mi ricordo che bologna fu la nostra prima tappa. Partimmo in treno di sera tardi. Uno dei primi Eurostar che passava per la mia città. Avevamo zaini con i panini e posti a sedere su cui dormimmo. Arrivammo a bologna che l'alba stava per illuminarci. E ci illuminò mentre eravamo seduti sul ciglio del marcipiede davanti alla chiesa di Santo Stefano. Due ragazzoni dalle facce bambine ad aspettare per iniziare il giro delal città a cui potevamo dedicare un giorno soltanto. Fu amore un'altra volta. Camminare, camminare, camminare senza fermarsi mai.

Poi ce ne sono state altre tutte con quello che per anni e anni ho pensato fosse l'uomo della mia vita. E lui era la persona giusta per godersi quei portici. Camminava tanto quanto me, gli piaceva la storia che trasudava da quei muri e da quelle colonne e per lui come per me Bologna era quello che Guccini ci aveva raccontato nelle sue canzoni. L'esplorazione di Bologna fu un'esplorazione dei Loci gucciniani. Respiravamo quell'aria senza andarci in quelle osterie, senza sapere nulla di quell'epoca e della gente che popolava l'immaginario gucciniano. E rivivevamo tutto dentro di noi.

Ci andai con la mia migliore amica per fare un test d'ingresso a un master di non so cosa. Ricordo vago. Di ansia.

Poi poco dopo la fine dell'idillio ci andai con mia sorella e la sua amica americana vegana. Ma pensavo ad altro, non davvero a dov'ero e a cosa facevo. Ma solo a quello che Bologna aveva rappresentato per me.

La settimana scorsa, ci sono andata di nuovo. Con la mia famiglia. Bologna, sempre la stessa ma nuova per me. Pura ai miei occhi. I ricordi sono già ricordi fievoli. Ricordi di gioventù e nient'altro. E di Bologna ho respirato l'aria di neve, l'opulenza stanca, quasi antica e l'abitudine della gente per strada. Di Bologna ho gustato le pietanze, ho ammirato l'archiettura, ho guardato i colli.

E io non sono nata bolognese per errore.

venerdì 12 marzo 2010

venerdì 5 marzo 2010