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mercoledì 28 aprile 2010

una serata normale

il segreto dovrebbe essere trovare il bello nella normalità.
Quando sei triste ti dicono che è perchè non vedi le cose buone che ci sono nelle tua vita.

Io questi giorni ho la fissa che dio è machista, o maschilista per dirlo nella mia lingua. Ché le lingue le mischio sempre di piú. Anche gli accenti ora... ma gli accenti dipendono solo dal teclado...
A volte le parole invece non me le ricordo. Oggi un compagno di catalano ha quiesto come es diu in catalano desafìo e la prof ha risposto con una parola che più o meno somigliava al castigliano ma io non mi ricordavo il significato di desafio, così ho chiesto allo svedese ¿y que es? e lui "Challenge! Com es diu challenge en italiano?" "Sfida".

L'evento del giorno qui è stato Inter Barça, a occhio e croce direi che non c'è abbastanza casino per pensare che il barça abbia vinto... forse basterebbe aprire repubblicaonline per saper-lo. Ma voglio davvero saper-lo? No, non è un'andata a capo sbagliata. Il fatto è che in catalano ai pronomi attaccati verbi mettono il guillon. L'hyphen, per confondere ancora di più le acque...

venerdì 16 aprile 2010

Dottò, permettete una domanda?

Me lo chiedevo ieri sera nel letto.
Come mai esiste gente buona e gente cattiva?

Voglio dire, ci sono due categorie di persone nell'approccio agli altri. Una categoria è molto più grande dell'altra.

Ci ho pensato perchè ieri sono andata a trovare una mia amica che si è operata a un piede. E c'era la mamma. Una donna con la faccia buona. Seria, ma con l'atteggiamento di persona di buoni sentimenti.
E ci ho pensato perché in questi giorni mi accorgo in ufficio della cattiveria della gente.

Cioè ho questa cosa in quest'ufficio dove lavoro che pare che quando apro la bocca la gente mi deve contestare. Cioè io dico A e loro dicono "no è B". A volte nemmeno ascoltano quello che dico. Solo che hanno deciso che io non posso dire cose giuste.

Esaminando la cosa a mente fredda, a cominciare da quando lavoro in questo posto... ho cominciato a cercare di capire da dove è nato questo atteggiamento.
Un poco dipende da me, dall'atteggiamento scanzonato con cui sono arrivata qui. Dall'altro dipende dal fatto che a volte la gente, a causa della vita frustrante che facciamo, sente una necessità interiore di sentirsi migliore. E zac al primo errore che fai o alla prima cosa che dici che è un poco originale ti etichetta.

E fin qui niente di strano. Si può arrivare a volte però a situazioni estreme in cui le persone ti fanno cadere in fallo con dolo. O solo odiano il tuo sorriso e cominciano a romperti i coglioni.
In una maniera un po' sadica.
Come se stessero bene a vederti triste e sconsolato. Come se esercitassero su di te la loro vendetta sulla vita.

Poi c'è che la gente è oltremodo competitiva. È una cosa che io noto subito, perché io sono la negazione della competività. Io faccio quello che mi va e a mio modo e se guardo agli altri, quando fanno cose buone, è solo per apprezzarli e dire loro "ah bravo che bella cosa hai fatto" e in un modo sincero. Non è che voglio "rubargli" qualcosa, copiarli, mandargli sfortuna né fargli i conti in tasca. Invece la maggior parte della gente lo fa. Stanno sempre lì a guardarti, a giudicarti, a farti i conti in tasca. E quasi mai si mettono nei tuoi panni.
A parte alcuni. Quegli alcuni sono quelli che diventano a volte miei cari amici.

No, non è che ho tutti amici così. O forse sì :-P

Quella che per anni è stata la migliore amica e a dire il vero ancora lo è, una delle persone della mia anima, l'altro giorno a telefono mentre mi raccontava un fatto, mi ha detto una cosa del tipo:
"Perché quando ci siamo appiccicate io e te l'anno scorso, io ti scrissi quella mail in cui volevo ferirti e ti scrissi un sacco di cattiverie e tu a telefono cercasti di dirmi cose cattive anche tu, senza riuscirci troppo in realtà (risolino), ma poi abbiamo fatto tutte e due un passo verso l'altra e ci siamo incontrate a metà strada".

Ora, la sapete una cosa? Io non volevo ferirla, io non volevo dire cose cattive, le volevo solo far capire il mio punto di vista. E in più ero ferita, of course. Ma proprio una ferita grande quanto un cratere. Però non mi ha sfiorato nemmeno una volta l'idea di volerla fare stare male. Anzi ho pensato che per avermi scritto quelle cose tremende doveva essere rimasta piuttosto male di una cosa di cui secondo me tutto sommato non aveva il diritto si stare male, nel senso che stare male per quella cosa significava limitare la mia libertà. Il ché diciamolo non è giusto.
Soprattutto con una persona, ovvero io, che per amore della sua libertà nella vita ha rinunciato a cose a cui è piuttosto difficile rinunciare.
Ora, io da molto tempo penso e so che questa mia amica a cui io voglio un bene dell'anima e che è e stata e sarà una delle persone più importanti della mia vita, non è buona come lo sono io. Però lo so che ha un senso di giustizia e quando è il caso frena la sua vena meno buona e ci pensa. Finché, se è il caso, e cioè se chi ha di fronte vale la pena, soggioga la cattiveria. E agisce per il meglio.

Ora io molte volte mi sono chiesta perché nella vita ci sono persone che da quando sono piccole osno più altruiste di altre. Meno egoiste. Meno concentrate su se stesse, meno invidiose.
E anche perché ci osno quelle che pur non essendo buone buone (diciamo pure fesse) per natura riescono ad agire in un modo buono e sano la maggior parte delle volte, e perché poi ci sono quelle insanabilmente cattive.
Come ad esempio quel bambino biondo che abitava vicino a me, dagli 1 ai 25 anni circa. Che mi odiava. Lo scopo della sua vita era farmi del male, mettermi in ridicolo, farmi cadere, ridere di me e cose del genere. Mia madre diceva che lui era così perché la mamma era così. Boh.

E allora...
Scusate, dottò, permettete la domanda: perché?

venerdì 9 aprile 2010

sole fuori

aria viziata dentro

è quasi ora di lasciare il carcere quotidiano

dove andrò, cosa farò? Ai posteri l'ardua sentenza...

sonno