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mercoledì 1 dicembre 2010

Au revoir

Ti volevo dire una cosa, a te che non parli la mia lingua, che non sai di questo blog, a te che praticamente non mi conosci affatto, nemmeno se per quasi due anni mi hai vissuto accanto tutte le mattine e tutti i pomeriggi dalle 10 alle 19, supperggiù.

Ti volevo dire che ieri sera non è che ti volevo fare rimanere male (o forse un po' sì) ma non era una cattiveria gratuita. È che il mio amato pelatone era lì a dirti che era un peccato che te ne andassi, che andandotene tu il livello dell'ufficio un po' si abbassava perché alla fine tu sei uno diverso dagli altri, con i tuoi interessi non comuni, e il tuo modo di fare intelligente.
Ora io l'ho sempre pensato che eri intelligente. Quando dopo sei mesi che lavoravi qui, ci siamo parlati le prime volte e ho scoperto che grazie alla sola osservazione avevi capito di me più cose di quelle che per esempio aveva capito la mia amica O (acronimo di Odiante), l'ho pensato che eri intelligente e che avevi una sensibilità non comune. E volevo conoscerti. Non ti ho mai trovato particolarmente attraente fisicamente, con il tuo fisico magrissimo e il tuo aspetto dinoccolato (che bella parola "dinoccolato"). Però mi accorgevo che tu sì che eri attratto fisicamente da me (non ne facevi mistero indeed), e la cosa mi faceva piacere, a me ragazza insicura.
E insomma c'è stato un momento in cui sembrava che saremmo diventati amici. Che lo stavamo divendo. Poi è successo quancosa che non so ma tu hai cominciato a non parlarmi più. A essere educato, ma a smettere di cercare occasioni di parlarmi. Poi dopo, per motivi vari ho pensato che la tua intelligenza e la tua sensibilità le mettevi al servizio di fini egoistici e poco nobili, che li usavi per manipolare situazioni e persone, e per ferirle, quando potevi.

Per tornare al punto, quando lui ti diceva "I'm really sorry you are leaving" per me è stato normale dirti "I'm not sorry you are leaving but I really wish you best of luck". Tu, con la tua cultura formale che ti porterai sempre dietro ovunque, sei un po' rimasto (male), poi hai recuperato dicendomi che devo stare attenta a quello che dico quando bevo troppo. Ma io non avevo bevuto troppo.
Io solo volevo dire questo: che c'è stato un momento in cui sono rimasta male perché te ne sei andato ma è stato molto tempo prima che te ne andassi. Forse, è vero, non ho fatto nulla per scoprire perché te ne eri andato, infondo la tua posizione era un po' scomoda per l'equilibrio della mia vita lavorativa e privata, con O. lì guardinga. Però tu te ne sei andato. Allora perché fare finta che mi dispiaccia che te ne vai, se in fin dei conti nella mia vita non sei mai entrato, essenzialmente perché né tu né io abbiamo fatto nulla affinché ciò succedesse. Sarebbe un'ipocrisia. Allora tu te ne vai, e io ti auguro di cuore di essere felice e di conservare intatto il tuo sogno del Giappone, così come un bambino già cresciuto che dopo aver conosciuto la vita adulta si tiene stretto il suo sogno infantile proteggendolo dalla vita.

E te l'ho detto con leggerezza, che non mi dispiaceva che te ne andassi, perché da tempo ormai una parte di me crede che finita questa parte della vita ti reincontrerò in una situazione di vita diversa. E che ti conoscerò, un po' di più. Magari no, ma io a volte sono preveggente.

E grazie degli auguri a "the two of you". Molto gradito.

Ti potrei scrivere, e dirtelo per e-mail, ché la tua mail l'hai lasciata a tutti. Ma... che senso avrebbe? Nessuno. E perciò, te lo dico qui.

Andarsene era scritto perciò ciao ciao