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domenica 10 luglio 2011

Barcellona la domenica pomeriggio

Una cosa che mi mancherà sono le domeniche pomeriggio sul mio divano blu, e la brezza che entra dalla piccola finestra quasi quadrata. La sensazione di estate che entrava la domenica anche a casa di mia madre, attraverso il balconcino di quella cucina che oggi è una specie di giungla di piante e piantine, di sedie di legno e soprammobili colorati, il regno indiscusso di mia madre in pensione.

Ho vissuto in posti vari, ho viaggiato non tanto ma abbastanza per dire che non c'è nulla che mi piaccia tanto come la brezza del mediterraneo. Che spiri a Barcellona, a Salerno, a Rimini o a Spalato, la brezza estiva del mediterraneo ha una cadenza e un odore diversi da quelli degli altri venti che hanno accarezzato la mia pelle. Non ha nulla di aggressivo, è quasi un massaggio benevolo ai tuoi muscoli e al tuo cervello che ti sussurra all'orecchio di rilassarti come se fosse una soffusa musica per esercizi yoga.

Fa quasi strano pensare che si usa per questa brezza da cittá di mare la parola vento, la stessa parola usata per quell'aria aggressiva e gelida che ardeva le nostre pelli nella Città proibita a Natale, la stessa parola usata per quel sussulto repentino che ti fa fare due 2 metri in un solo passo e ti annebbia il cervello con l'odore di una salsedine diversa, aggressiva, quasi centenaria a Galway.

Sei scatoloni di un supermercato regnano nel mio minuscolo soggiorno mentre mi abbandono alla pigrizia estiva e mi faccio cullare dal refolo nella speranza che tutte le incombenze pratiche che mi aspettano da qui a un mese si dileguino nel lieve ondeggiare del vento di mare. Mi adagio nell'onda pensando a quando, in una terra grigia e piovosa, la mia pelle anelerà alla calura estiva, la mia bocca avida cercherà pomodori, cetrioli, albicocche, melenzane e tutte quelle leccornie che la terra ci regala sul mediterraneo, e il mio corpo troverà consolazione nell'abbraccio caldo di un montanaro paffuto di pelle bianca come la neve.