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venerdì 27 febbraio 2009

na nananananana na nanana*

Stanotte mentre almanaccavo cercando soluzione al pangramma di cui parlava Bartezzaghi sulla Repubblica di ieri, mi sono chiesta se sarei mai diventata quella che sono se da bambina non mi avessero fatto vedere/leggere "gratta un Pepito ed esce un Peppone".

Quando sei piccolo che delle parole possano nasconderne altre è un assunto affascinante. Che parole incomprensibili ai tuoi orecchi possano nascondere un senso per un altro viene subito dopo.
Senza Don Camillo e Peppone, avrei studiato latino, greco, inglese, russo, basco, linguistica storica, fatto il lavoro che faccio, vissuto in Iralnda e Spagna, mi sarei mai innamorata di De Gregori e Guccini e dell'uomo che ho amato così a lungo?

Piccoli dubbi notturni.



*il titolo è un link, nel caso vogliate sapere che canzone è
...

martedì 24 febbraio 2009

ditemi perché se Tutto Fa Media fa TFM perché La Strada In Salita non fa LSIS

Mentre TFM imperversa tra cantantucoli e quelli che una volta si chiamavano sceneggiati, Quad si è inventato un meme o qualcosa di simile, un meme un po' così, un meme libero di quello che chi lo vuole fare lo fa, che chi vuole scrivere il titolo di una canzone scrive il titolo di una canzone e chi vuole crivere il titolo di un album scrive il titolo di un album. Io invece parafraso un verso, cosa che in realtà non è scritta nel post di Quad, ma Quad hai voluto la bicicletta e pedala!!! In salita ovviamente! O si potrebbe dire Attaccati al tram. Insomma quello che ti pare, questo è quello che passa il convento.

E ora, dopo il dovuto ossequio al mondo etereo veniamo al mio post.

Il post? quale post?

:-)

domenica 22 febbraio 2009

Di avvocati, vicini, spiagge, libri e altre sciocchezze

Giaceva lì da mesi, nel mio mobile bianco, dove si affastellano fogli di tutti i tipi e libri comprati e aperti mezza volta. Giaceva lì, nella sua copertina blu della Sellerio.

Ieri mattina c'era il sole. Io ero resacosa e mestruatosa. Quando mi sono svegliata il mal di testa impazzava. L'ibuprofene era finito e il sole splendeva. Anche se dalla mia stanza non si vedeva. Aprendo, però, la finestra del soggiorno si poteva intuire un sole caldo dallo spigolo di raggio solare che penetrava dall'alto le mura degli antichi palazzi del vicolo.

Il richiamo della primavera mi ha portato in piscina, a nuotare all'aperto. Uomini e donne in età da pensionamento pigramente sedevano lungo i muri della piscina aperta, su sedie di plastica e lettini foderati di blu, con libri, lettori CD, chiacchiere ed un'abbronzatura che definirei invidiabile ad agosto, figuriamoci a febbraio.

L'aria era calda e l'acqua tiepida ha accolto il mio corpo liberandolo dalle tossine, dallo stress da consegna, dalle preoccupazioni da cambio di casa, dai sogni amorosi nati in una notte di dolore e paura, dal ricordo dell'uomo disteso a terra e della donna nella sedia a rotelle con la paura dipinta sulle sue rughe scure di andalusa. Le bracciate, fendendo l'acqua, mi hanno restituito il mio corpo e la mia energia. E hanno solleticato il mio appetito già quasi primaverile.

Una pasta col tonno, modesta nella qualità ma enorme nella quantità, accompagnata da birra scura senza seven up e seguita dalla versione povera del Mars e da un buon caffé alla maniera di casa, ha fatto da preludio a un'ora nel divano accompagnata un libro. Cosa che, ohimé, mi capita di rado. Mentre l'aria tiepida primaverile spirava da uno spiraglio tra le ante della finestra semichiuse, semidistesa sul divano leggevo le gesta quotidiane di un avvocato meridionale, colto abbastanza per conciliare tradizione a autonomia di pensiero, desiderio di sicurezza e bisogno di libertà. Il tutto condito da una dose di intelligenza, ironia e rispetto per il prossimo. Così il libro che mia madre mi aveva prestato sei mesi fa è uscito dalla semioscurità del mio mobile bianco ed è andato a deliziarsi dell'aria barcellonese al profumo di pasta col tonno di cui, a onor del vero, ha ricevuto anche un piccolo assaggio, tiengendosi leggermente di rosso unto a pagina 33.

La storia dell'avvocato e della sua autonoma e intelligente fidanzata a sua volta ha fatto da preludio a una siesta profonda, di quelle che non mi capitano mai perché no, io non sono brava a dormire il pomeriggio, specialmente alle 4 del pomeriggio fino alle 6.

"Batti il ferro finché è caldo" mi aveva detto A., amica di Irlanda, giovedì mattina quando le avevo raccontato del triste episodio della sera prima e dell'abbraccio inaspettato e tenero datomi da un quarentenne in calzoni di piagiama a quadretti e maglietta bianca di Luz de Gas (nota discoteca figa di Barna, NdS) accorso in soccorso mentre io, con voce tremante, cercavo di spiegare ad un operatore del pronto soccorso o servizio analogo cosa stava succedendo.

Il ferro io non so batterlo, però suonare a un campanello quello sì so farlo.

Il libro nella copertina blu di Sellerio oggi si è fatto un giro sulla spiaggia di Barcellona. Il sole era già basso e il blu dell'orizzonte sfumava nel rosso del sole invisibile. La gente è uscita dal letargo agli scoppi del nuovo sole, il lungomare si è presto riempito di bici, di amici e di parole. Seduta sulla spiaggia a piedi scalzi, l'umidità mi penetrava le osse, ma io incurante ridevo ai commenti pseudomaschilisti dell'avvocato che guarda il culo di una suora e che finge competenze di astrologia druidica.

Come per incanto mi libero. Mi sento come tanto tempo fa, quando avevo il mondo ancora intero, quando a vent'anni è tutto chi lo sa.

E sì, potrebbe succedere. Potrebbe.

A volte dico sciocchezze e sorrido troppo. Però non importa. A ver.

fluttuazioni

un giorno sembra importante e dopo tre giorni sembra una tonterìa.

quello che ti chiedi è perché ti ha abbracciato. Così. Vedendoti appoggiata al muro. Ven aqui. E ti ha abbracciato. Senza lasciarti andare quando tu cercavi quasi di divincolarti, perché in fondo ti sembrava una situazione strana.

e gli sguardi.

Poi bussare alla sua porta. E chiacchierare. Però non è stato lo stesso che la sera dell'incidente.

E boh...

venerdì 13 febbraio 2009

tarata

evabbè a volte sembro una persona normale ma altre volte mi domando se soffro di sdoppiamento della personalità o quale trauma infantile mi fa agire in modo così stupido.
Oggi dopo tre mesi ho incontrato il Guatemalteco, alias il vicino con gli occhi brillanti, alias quello che ha buttato la mia cartolina nel cestino etc.

è che io proprio non sono capece. Ho troppi problemi con me stessa. Credo che in fondo abbia ragione mia sorella, ancora non sono abbastanza felice per innamorarmi.

mah

venerdì 6 febbraio 2009

pensierando

Ci sono giorni in cui i pensieri sono come onde di schiuma bianca che rifluiscono sul bagnasciuga. Si spiegano separandosi le une dalle altre e poi si riconfondono nel mare.

Non sempre le onde che rifluiscono sul bagnasciuga sono milioni di rose. A volte sono più incubi riusciti. Carcasse di animali morti maleodoranti. Calaveras di amori e amici.

I pensieri giungono alla mente così, per caso, come in una mattinata di sole in cui si passeggia sul lungomare si incontrano per caso conoscenti che non si vede da tempo, compagni di scuola dotati di nuova prole, o il cugino del vicino dell'amico del tuo compagno di banco.
I pensieri sono proprio così. Sono ricordi dimenticati, sepolti, che si riaffacciano alla memoria.
A volte riaffiorano da soli senza che nient'altro li abbia innescati.
Altre volte tu sei lì a scegliere canzoni da copiare sul tuo lettore mp3, aprendo cartelle e sottocartelle della tua unità esterna quando ti imbatti in file di word dai nomi strani e ritrovi vecchie conversazioni su messenger. Conversazioni di più di 4 anni fa.
Tu sai che la persona che scriveva eri tu, ma la conversazione disegna una vita diversa da quella che vivi ora. Una routine diversa, un lavoro diverso, un fidanzato diverso, interessi diversi, problemi diversi. Ma la stessa identica ironia che hai ora. Lo stesso identico modo libero di vedere la vita che hai ora. Durante tutto il tempo della lettura ti immergi in una te stessa del passato, nella tua vita del passato, e te ne senti attratta. Poi la conversazione termina e ti accorgi che è mezzanotte. Spegni la luce perché è ora di dormire. Il tuo cervello e il tuo cuore metabolizzano. Nei giorni che seguono la tristezza ti permea.

È un caso che quella stessa mattina tu abbia per caso pensato a un verso di una canzone che cantavate insieme e che quel verso ti sia sembrato profondamente diverso da come ti sembrava prima. E che allora ti sia andata a rileggere il testo cantando il motivo nella tua mente. La vita come qualcosa che va e viene. Apparenemtnete diversa ma sempre uguale. In cui siamo tutti dominati dal libero arbitrio e inevitabilmente soli. Nonostante tutto il conoscersi, nonostante tutto l'amarsi. Nell'impossibilità di dimenticare. Nell'impossibilita tuttavia di fermarsi, in un vita in cui l'amarsi e il perdersi si succedono incessantemente. Così incessante che vedendo una stella cadere, si è a tal punto sfiniti che non si sa più cosa desiderare.

E sper iche si vero, che quello che hai provato torni a manifestarsi, sotto un altro cielo, con un nuovo volto.

Ci sono giorni in cui la domanda che ti poni da mesi ormai, quella che ti rode, quel chiederti ripetutamente se dipende da te la tua condizione di single inossidabile, trova una risposta apparente nel rigo di una conversazione in chat svoltasi quasi 5 anni prima. "Lei è diversa da te, lei è intrigante".

E tu che racconti all'amica di Irlanda, quella matura e provata dalla vita, dei tuoi pensieri e le chiedi cosa pensi, e lei che ti dice: "io penso solo che sia venuto il momento di voltare pagina".