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giovedì 24 gennaio 2019

La vuelta al blog

È successo che una mia collega che fa/vende quilt ha aperto un profilo di Instagram e mi ha chiesto aiuto. Mentre eravamo lì nella cucina dell'ufficio mi ha chiesto se ho un blog. E io ' che sul blog ho sempre mentito - ho detto: "I used to, but I don't have time anymore".
E così ho pensato di andare a dare una sbirciatina al mio vecchio blog, per vedere se esisteva ancora. Quella notte ho letto quasi tutti i miei post, scoprendo pagina dopo pagina fatti, sensazioni e persone che avevo dimenticato. Nei giorni successivi invece mi sono dedicata al blog di Hanz, ho fatto visita alla Neru e alla Virginiamanda e insomma, eccomi qua (sono venuta per niente, perché per niente si va...)

La vuelta al blog y quien sabe adonde màs...

Os heché de menos, gente 😍

domenica 21 luglio 2013

Estate!

Insomma, anche in Irlanda fa caldo! Da giorni.
All'inizio tutti eravamo eccitati all'idea di alzarci la mattina con il sole e 25 gradi. Ora la gente comincia a lamentarsi perché suda tanto o non dorme bene la notte. Spiagge e parchi sono pieni di gente di constume, ormai abbronzata. I prati si stanno seccando. Il beigiolino dell'arba secca si è sostituito al verde brillante per cui l'Irlanda è nota. Nel fiumiciattolo sotto casa mia, i bambini vengono a farsi il bagno, ma l'acqua gli arriva alle caviglie, è evaporata tutta. ;)
Per me non fa eccessivamente caldo, fa caldo abbastanza da indossare vestiti veramente estivi ma non abbastanza da sudare continuamente.
Oggi al Phoenix Park il vento soffiava gentile ma deciso, mentre il sole ci scaldava generosamente.

martedì 9 ottobre 2012

Pensieri di fine estate

Qualcuno direbbe che è già autunno ma qui nel profondo sud si va ancora in giro a mezze maniche.

Il sud, quello da cui vengo.
Di questo sud mi porto dietro i tratti somatici, il modo in cui pronuncio la "ci" quasi come una "sc" leggerissima. "Stasera andiamo a scinema?", l'amore per la mozzarella e l'insalata di pomodori, preferibilmente mangiati di sera sul balconcino con la brezza leggera che mi rinfresca la schiena. Del sud ho quel modo di fare che dà sui nervi alla gente del nord: parlo ad alta voce, se tengo a una causa tendo a fare comizi, un po' ovunque, un senso di ribellione trapela dal mio modo di fare ma di rado questa sorta di intolleranza sfocia in azioni di tipo pratico, sono diretta con la gente, anche troppo.
 La pioggia mi deprime, il sole mi dà energia. La vita senza caffé? Non e' una possibilita'. 

Con il mio sud ho un rapporto di amore ed odio.

Amo il sole e il mare, amo il vociare della gente, la disponibilità degli sconosciuti a darti un'indicazione, amo il modo di cucinare le verdure che esiste solo qui, le rocce a picco sul mare ricoperte di alberi e cespugli, le spiagge all'ombra alle 4 del pomeriggio ad agosto perché il sole si nasconde dietro le alte montagne. Amo le innumerevoli torri e torrette sgarrupate che ricordano un passato di guerre, di difesa e di conquista, un tempo in cui le città erano terre verdi senza palazzoni e automobili, i forti che si ergono orgoliosi su spunzoni di roccia da cui guardie medievali si godevano un panorama ineguagliabile. Amo le pelli abbronzate della gente e i gelati alla frutta che colorano il lungomare nelle sere d'estate.

Del mio sud odio l'atteggiamento remissivo della gente davanti a quello che non funziona. Odio gli autobus che non camminano, le linee di metropolitane mai usate e abbandonate, le strade trafficatissime senza strisce pedonali, l'assenza di macchinette obliteratrici ai binari della stazione, il traffico inenarrabile in cittadine di poco piu' di centomila abitanti, l'autostrada che autostrada non è, gli uomini che fischiano alle belle ragazze per strada, i sindaci indagati perchè hanno favorito società di mogli, figli e famiglia allargata.

Dal mio sud un giorno me ne sono andata, senza accorgermi delle conseguenze. Ho preso prima un treno e poi sono tornata. Poi un altro treno e sono tornata. Un aereo. Ma pioveva troppo e sono tornata di nuovo, ma per poco, perché al sud non riuscivo piu' ad abituarmi e ho preso un aereo che mi ha portato in un altro sud che in qualche modo è diventata la mia casa. Il nord di un altro sud dove c'era sole, mare, verdure mediterranee, treni e autobus che funzionano, gente aperta, disponibile e lavoratrice, gente con una forte identità nazionale e con una grande memoria storica, gente che ha voglia di migliorare, che crede in un mondo migliore e che si impegna ogni giorno per realizzarlo.

Da questo nuovo sud che mi ha accolto con un sorriso, un barbaro invasore mi ha portato via per restituirmi alla terra piovosa dove ogni 10 chilometri di costa si ergono scogliere scure, mai toccate dal sole. In questo nord vivo godendo della quotidianità e delle gioie che la vita mi offre da piu' di un anno, sognando di tornare al mio sud adottivo mentre di tanto in tanto faccio visita al mio sud natio.

E' ancora estate nel profondo sud, ma nel nord dove giorno dopo giorno lotto per la sopravvivenza l'inverno avanza ventoso e funereo, gli alberi perdono velocemente le foglie, i fiumi si gonfiano e rischiano di straripare.

In questa fine estate meditarranea i miei pensieri vanno alle amiche di qui, quelle con cui parlo a telefono una volta ogni tanto quando mi faccio un giro da queste parti, quelle con cui parlo tutti i giorni dalla verde irlanda, quelle che pur essendo nate nel sud adottivo che amo tanto hanno scelto l'italico suolo per mettere su famiglia e dare vita a bambini con nomi esotici.
In questa fine estate calda e dolce, le persone intorno a me mi hanno riscaldato di calore vero, con i loro racconti di bambini nati, di bambini che devono nascere, di storie familiari che sembrano uscite da una telenovela, di nuovi amori, di case nuove, portandomi in segno d'affetto mozzarelle, salami, castagne, accompagnandosi a me davanti ad una buona pizza, godendo con me di gelati, viaggi in mare, spiagge accoglienti.

E mentre io godo del mio sud, il mio barbaro amico dal profondo nord puo' solo immaginare quanto sia bello il sud.

giovedì 5 gennaio 2012

2011 - Gente così

La gente fa bilanci o elenca i propositi per l'anno nuovo. C'è chi legge l'oroscopo.
C'è chi passa gli ultimi giorni di vacanza visitando miniere di sale e leggendo l'ultimo libro di Carofiglio, ricevuto a Natale. E pensa che vorrebbe scrivere, ma non sul blog. Pensa che un pezzo di vita è passato e ce n'è uno nuovo. Che l'idea di scrivere quello che le passa per la mente non le da più soddisfazione. Vorrebbe scrivere di storie e persone, non esistenti. Storie con un inizio e una fine.
E intanto pensa a cosa cucinare quando sarà tornata a casa.

venerdì 30 dicembre 2011

Cose da ricordare

Ci sono realtà che superano i sogni, per la semplicità con cui avvengono.
Ci sono realtà che non hai osato sognare. E poi avvengono.
Ci sono vacanze di Natale che iniziano con una sopresa inaspettata.
Ci sono passeggiate in giro per la tua città con accanto un uomo "che parla straniero". Un "mericano" direbbe la signora del ristorante davante al quale sei passata per caso.
Ci sono passeggiate per mostrare a quell'uomo il castello sulla cima del colle Bonadies e passeggiate con collane al peperoncino, paté d'olive e gelati troppo dolci.
Ci sono cugini  che ti fanno da Cicerone nei vicoli di un paese sulla costa e zii che ti fanno regali ie ti guardano con affetto in un nuovo momento della tua vita, probabilmente ricordando com'eri 30 anni prima.
Ci sono sorelle senza le quali la tua vita sarebbe peggiore e mamme che ti aspettano a braccia aperte.
Ci sono delle "Teresa B." che ti avvelenano la vita all'ufficio postale e "mericani" che ti criticano aspramente quando guidi.
Ci sono amici sparsi un po' qua e un po' là e tante belle cose che ancora devono avvenire.

giovedì 1 dicembre 2011

Nata solo il segno dei pesciiiiiiiiiii

Adelina Montalbano (1922-2003).
Quando si parla di qualcuno che è morto, se ne può parlare in due modi. Uno è quello formale, usato nei libri di letteratura, in cui si menzionano i dati anagrafici, quelli relativi alla carriera e gli eventi importanti che hanno dato alla persona la sua impronta peculiare. Il secondo modo di parlare di qualcuno che è morto è quello soggettivo, dove chi parla osserva o definisce la persona morta a partire da sé, dal suo punto di vista soggettivo. Chi parla della persona morta la ritrae nelle situazione in cui tale persona si relazionava all'io narrante e la narrazione risente necessariamente del punto di vista dell'autore, delle sue emozioni, del suo rapporto con la persona descritta.Un riassunto formale della vita di Adelina Montalbano potrebbe essere il seguente:
Nata ad Avellino da genitori salernitani, Adelina Montalbano (pseudonimo, ndr) trascorre l'infanzia a Bergamo e l'adolescenza e la prima giovinezza a Modena. Innamoratasi un collega di ufficio di 15 anni più grande, all'età di ventitré anni si sposa contro il volere di suo padre e va a vivere con il marito a Belluno, dove durante la seconda guerra mondiale partorisce il suo primo figlio. È durante la guerra che la coppia torna al Sud da cui proviene, stabilendosi per un breve tempo ad Avellino, dove Adelina dà alla luce una bambina, e successivamente ad Amalfi, dove nasce il terzo e ultimo figlio di Adelina. A pochi anni dalla nascita dell'ultimo figlio la famiglia si trasferisce definitivamente a Salerno, dove Adelina morirà parecchi anni più tardi, dopo avere avere allevato tre figli ed essersi presa cura di svariati nipoti che l'hanno amata e la rimpiangono ancora, a otto anni dalla sua scomparsa.
Un ritratto personale di Adelina sarebbe il mio:

Era nata all'inizio del ventennio fascista e del fascismo portava l'impronta. Era intansigente e credeva nell'obbedienza alle regole. Aveva sofferto la guerra, prima al nord, dove aveva visto da vicino i tedeschi, che le stavano quasi per ammazzare il marito, e poi al sud, dove aveva visto da vicino gli inglesi e gli Americani.
Da quando sono nata, aveva i capelli grigi, diventati sempre più bianchi nel corso degli anni. Me la ricordo zoppicante nelle ciabatte ergonomiche blu (quelle delle vecchie, ma non aveva nemmeno 60 anni), e un vestito a pois blu. Mi ricordo molti dei suoi vestiti e dei suoi camici per casa. Uno di quelli che usava di più era di un colore a metà fra il celeste e il verde con piccoli disegni che entravano nel fucsia di una stoffa un po' lucida, che poteva essere acrilica. Era un vestito estivo. Per qualche motivo che non conosco nella mia prima infanzia me la ricordo solo con vestiti estivi. Forse era in estate che la vedevo di più. Aveva i capelli corti e ricci con il grigio che diventava più scuro nelle curve interne dei boccoli. Me la ricordo sempre indaffarata per casa, a spolverare o a passare la cera, a cucinare in una cucina di altri tempi, a chiamare "Rino, Rino" da una stanza all'altra, a dire "Véngo, véngo" e "Béne, béne" con il suo accento del Nord che a Salerno suonava davvero esotico. Me la ricordo a prendersi cura dei miei cugini, a preparare pranzi di Natale, domenica e festività varie per orde imbizzarrite di bambini abituati al benessere (cosa che non l'aveva mai toccata e davanti alla quale aveva un atteggiamento quasi di rifiuto, di incredulità).
Non era una persona semplice e nemmeno allegra ma amava la sua famiglia, nel modo in cui sapeva. Non sempre il modo migliore, ma il suo modo. Per le persone che amava era capace di sacrifici immensi. Si potrebbero dire cose negative sul suo carattere, ma se c'era un difetto che non aveva era l'egoismo. A volte non brillava per intelligenza e forse non era coraggiosissima, a volte aveva un'ansia latente per cose di poca importanza e la paura di non essere accettata e che le persone che lei amava non venissero accettate o rispettate. Era una persona buona, non si aspettava il male dagli altri e ogni volta che qualcuno gliene faceva restava sorpresa, ma se veniva da persone che amava le perdonava.
Mi manca, oggi e in molti giorni della mia vita. Il ricordo di quella persona che per me rappresentava la casa accogliente e la famiglia, il nido, chi non ti tradirebbe mai, quel ricordo a volte si allontana, ma il calore dell'amore che mi dava, il senso di speranza che rappresentava, mi aiuta nei momenti di tristezza. E oggi la voglio ricordare. A otto anni dalla sua morte.

domenica 20 novembre 2011

una cosa che volevo dire da un po' di tempo

Un giorno, navigando in google così a tempo perso, mi sono imbattuta in questa domanda su yahoo answers.  Qualcuno ha copiato e incollato e uno dei miei post come risposta a una domanda. Si cita, riportando il link a questo blog, uno dei miei post più gettonati, quello che ha ricevuto più visite. Non ha ricevuto più visite degli altri post perché è più bello degli altri post, ma solo perché ci arrivano tutti i ragazzini che mettono in google "tema: mio nonno" cercando di scopiazzare.
Cionondimeno questo è uno dei post che ho scritto che mi piace di più perché davvero mi descrive, parla di me e dei miei ricordi più lontani, di una me che non c'è più, per quanto faccia strano dirlo o pensarlo.

Il mio vecchio profilo...

È che il profilo che avevo non mi descrive piú. Non mi sento rappresentata. Scogliera non è piú una bambina. Scogliera è una donna. Ha occhi grandi, sì, ed è sbadata sì, ma ha anche altro. Ha un casa e un lavoro. Ha un cuore per amare. Una famiglia lontana e amici sparsi in ogni dove. Anche se giorno dopo giorno la vita la cambia e la rende piú cinica, Scogliera cerca e trova sempre il nuovo, vede il buono negli altri e vive le ore i minuti i secondi i colori gli odori e l'amore che la vita le offre. Scogliera è quello che è oggi. Il passato è solo un ricordo. Un ricordo lontano.

lunedì 31 ottobre 2011

Dubliners

Se penso a me stessa, penso a una donna che vive a Barcellona, che va in ufficio in metro, che la mattina sulla strada da casa alla metro saluta il fruttivendolo che sa dire buongiorno e gracce mille (non è un refuso, diceva proprio così gracce mille), che ha pochi amici ma affezionati, a cui piace fare tante cose, che va in piscina al Can Dragó, al cinema Verdi, a mangiare nei giapponesi con Bufet libre, che legge il blog del concittadino Hanz, che adora patatas bravas, calamares a la andalusa, il ristorante Marvic, che ama le parole Bon dia, Moltes gracias, De res (y algunas més), che sorride sempre.

Sarebbe più corretto che io pensassi a me stessa come ad una donna che vive a Dublino, che lavora per lo più in casa, che non parla con nessuno del vicinato, che non ha amici nella città in cui vive, che non fa quasi niente, non va in piscina, non va al cinema, che guarda le serie in TV (la TV?!!?!?), che non va quasi mai a mangiare fuori, ma se può cerca posti dove facciano l'Irish Stew, che evita ristoranti italiani e spagnoli come la peste, che non ha amici vicini ma solo lontani, che legge il blog di Hanz (un italiano che per sua fortuna vive a Barcellona), che non ama specialmente nessuna parola locale, che cerca spagnoli e catalani con cui parlare la sua lingua preferita.

Se penso a me stessa penso a una donna di 36 anni in grado di cambiare la sua vita e di prendere le sfide che la vita le offre. Se penso a me stessa penso a una donna che ce la sta mettendo tutta per dimostrare a se stessa che l'opinione che qualcuno aveva di lei non era corretta. Se penso a me stessa, penso alla quantità di persone che mi vuole bene o che credo mi voglia bene. Se penso a me stessa...

domenica 10 luglio 2011

Barcellona la domenica pomeriggio

Una cosa che mi mancherà sono le domeniche pomeriggio sul mio divano blu, e la brezza che entra dalla piccola finestra quasi quadrata. La sensazione di estate che entrava la domenica anche a casa di mia madre, attraverso il balconcino di quella cucina che oggi è una specie di giungla di piante e piantine, di sedie di legno e soprammobili colorati, il regno indiscusso di mia madre in pensione.

Ho vissuto in posti vari, ho viaggiato non tanto ma abbastanza per dire che non c'è nulla che mi piaccia tanto come la brezza del mediterraneo. Che spiri a Barcellona, a Salerno, a Rimini o a Spalato, la brezza estiva del mediterraneo ha una cadenza e un odore diversi da quelli degli altri venti che hanno accarezzato la mia pelle. Non ha nulla di aggressivo, è quasi un massaggio benevolo ai tuoi muscoli e al tuo cervello che ti sussurra all'orecchio di rilassarti come se fosse una soffusa musica per esercizi yoga.

Fa quasi strano pensare che si usa per questa brezza da cittá di mare la parola vento, la stessa parola usata per quell'aria aggressiva e gelida che ardeva le nostre pelli nella Città proibita a Natale, la stessa parola usata per quel sussulto repentino che ti fa fare due 2 metri in un solo passo e ti annebbia il cervello con l'odore di una salsedine diversa, aggressiva, quasi centenaria a Galway.

Sei scatoloni di un supermercato regnano nel mio minuscolo soggiorno mentre mi abbandono alla pigrizia estiva e mi faccio cullare dal refolo nella speranza che tutte le incombenze pratiche che mi aspettano da qui a un mese si dileguino nel lieve ondeggiare del vento di mare. Mi adagio nell'onda pensando a quando, in una terra grigia e piovosa, la mia pelle anelerà alla calura estiva, la mia bocca avida cercherà pomodori, cetrioli, albicocche, melenzane e tutte quelle leccornie che la terra ci regala sul mediterraneo, e il mio corpo troverà consolazione nell'abbraccio caldo di un montanaro paffuto di pelle bianca come la neve.