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mercoledì 29 aprile 2009

tra la vita che vuoi e la vita che invece avrai

la mia vita è la mia vita

è quel tempo durante il quale io nasco, cresco, mi sviluppo, metto le tette, cambio la voce, cambio il corpo, studio, mi innamoro,mi laureo, inizio a lavorare, lascio il fidanzato, resto sola, espatrio, incontro nuovi amici, torno, espatrio di nuovo, sono ancora sola, incontro altra gente, vedo gli amici di prima, faccio sesso con uno sconosciuto, perdo la mia migliore amica, pago le conseguenza delle mie scelte, vivo sola, amo mia madre e mia sorella e me ne prendo cura, ricordo.

Ho ancora la forza?

Ho ancora la forza di starvi a raccontare
le mie storie di sempre, di come posso amare,
di tutti quegli sbagli che per un
motivo o l'altro so rifare...
 
E ho ancora la forza di chiedere anche scusa
o di incazzarmi ancora con la coscienza offesa,
di dirvi che comunque la mia parte
ve la posso garantire...
 
Abito sempre qui da me,
in questa stessa strada che non sai mai se c'è
nel mondo sono andato,
dal mondo son tornato sempre vivo...
 
Ho ancora la forza di non tirarmi indietro,
di scegliermi la vita masticando ogni metro,
di far la conta degli amici andati e dire:
"Ci vediam più tardi ..."
 
E ho ancora la forza di scegliere parole
per gioco, per il gusto di potermi sfogare
perché, che piaccia o no, è capitato
che sia quello che so fare...


[Ligabue/Guccini]

mercoledì 22 aprile 2009

mercoledì 1 aprile 2009

tutto mi sembrava andasse bene, e tutto mi sembrava andasse bene, tra me e le mie parole, tra me e le mie parole e la mia anima

tra i pensieri che facciamo alcuni sono dovuti a uno stimolo particolare. Voglio dire, la speculazione criticolinguisticoletteraria di solito la facciamo quando siamo a contatto con l'oggetto della speculazione stessa. Ovvero, se leggiamo, le parole sulla carta colpiscono alcuni tasti nel nostro cervello, che innescano ricordi, conoscenze, desideri e ci fanno elaborare pensieri, piú o meno complessi o per lo meno colpiscono i nostri neuroni.

Io credo che se mia madre 6 mesi fa, quando le dissi "mamma dammi tre libri in italiano ben scritti, ché ho bisogno di tenere viva la mia lingua materna" non mi avesse dato insieme a Guccini e Carofiglio il libro che sto leggendo ora il mio cervello avrebbe ricevuto migliaia di stimoli in meno.

Non tutti i libri stimolano allo stesso modo.
Ad esempio io ho sempre considerato Guccini, cantante e scrittore, un grosso stimolo per me. La sua capacitá di mescolare lingua antica, lingua letteraria, echi poetici e veemenza sono stati per anni il motore del mio pensiero criticolinguistico.

Da quando ho cominciato a leggere questo libro del millenovecentosessantaqualcosa con la copertina azzurro shock, i numeri di pagina in caratteri similgotici e con le virgolette chiuse al posto di quelle aperte, mi sono accorta che senza questo libro il mio cervello sarebbe morto schiacciato dal rumore e della gente nel metro già giorni fa.
In quindici giorni ho letto 60 pagine. Il ché è veramente poco per un libro che alla terza pagina è saltato in testa a tutti i miei libri favoriti, ha surclassato non solo Guccini, ma tutti i guareschi i pirandello i pratolini i bulgakov e persino i checov e i tolstoj che ho amato nella mia vita.

Ora, io sono in un internet point, uno di quei posti tristi che qui chiamano Locutorios dove gente che ha le famiglie lontano va a telefonare, e dove usano il pc ceffi dalla pelle scura e dal capello spesso. Pertanto non ho con me il prezioso libro che oltre a spalancarmi un mondo sul dialetto veneto (Vicenza è in Veneto, ¿verdad?) ha rimesso in moto gli ingranaggi del mio pensiero filologico- storico-linguistico.
Parlare di questo libro senza citare le frasi è invero come parlare alla maniera dei discorsoni pomposi e vacui del nostro presidente del consiglio.

La storia di un bambino raccontata dal bambino diventato grande che nella sua immensa cultura rivive da adulto colto le emozioni delle parole scoperte da bambino, in un parallelismo continuo e naturale, non forzato, tra dialetto e italiano.

Il dialetto, quello del libro, è - come avevo giá avuto modo di sperimentare ascoltando i commenti di un amico noneso (della Val di Non) che a sua volta ascoltava incredulo le conversazioni in catalano tra amicaPR e amichetta di Spagna - incredibilmente simile alla lingua del posto in cui vivo ora. Un lingua che non conosce doppie quasi, che conserva una purezza di italiano antico che palatalizza suoni gutturali e gutturalizza suoni palatali.

Quel bambino, con il suo approccio puro aperto e intelligente alla vita, ogni mattina mi presenta un pezzo dell'Italia di ottant'anni fa, l'Italia in cui è stata bambina mia nonna, un'italia senza tv, un'italia con la violenza non ancora esplosa, ma in nuce già, di distorsioni del pensiero e della verità.