Stamattina come tutti i giorni ho preso l'ascensore per scendere di casa.
Io oggi, come quasi tutti i venerdì, ero una walking toilet ovverossia un cesso ambulante. Capelli legati (che di solito me li lego per mettermi il fondotinta e me li sciolgo in ascensore, però oggi mi sono dimenticata), niente trucco a parte il fondotinta, vestita male e faccia di sonno perché ho dormito male…
Insomma, le sliding doors dell'ascensore si aprono e io con gli occhi semichiusi guardo davanti a me per uscire ma il cammino è ostruito. Si erge altissimo un uomo.
In realtà non era altissimo, solo che stava sul grandino e sembrava altissimo, cosìcché non l'ho messo a fuoco subito. Ho solo pensato: azz chi è sto figo? e per mettere a fuoco ho fatto il tipico gesto che fanno gli uomini con le donne in minigonna. Ho guardato la punta dei iedi sul gradino fino alla testa. Finalmente arrivata alla testa mi sono accorta che quell'agglomerato di vestiti blu era effettivamente V., il mio affascinante vicino. Che mi guardava con un sorriso ebete mentre io lo squadravo. Ma non è tutto, perché dopo lo sguardo da camionista arrapato, trovandomi in un orario del giorno in cui ancora non sono padrona di me stessa, non mi sono limitata a sorridere o a pronunciare una forma di saluto, bensì dalla bocca mi è uscito unmolto spontaneo e colloquiale (italiano):
"uà"
"uà"
lui ha sorriso di più mentre mi diceva: que cara de sueño tienes.
all'anm ra figur' e mmerd