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giovedì 30 luglio 2009

Caro diario,

Caro diario,

oggi sono andata al Caixa Forum, c'era un film italiano. L'Italia, sai, la lingua di terra in cui sono nata e in cui in qualche posto e in qualche modo sono pure cresciuta. Davano un film del 1993.

Il millenovecentonovantatrè è l'anno in cui mi sono iscritta all'universitá. Nel cinema (sì lo so solo a Napoli le lezioni universitarie si fanno nei cinema) in cui si facevano le lezioni della mia materia preferita (il mio primo esame, il mio primo trenta) campeggiava un manifesto di un uomo magro di spalle in groppa a una vespa, con una casco bianco ed un mantello. E sopra c'era scritto in lettere fintocorsive bianche il titolo del film. Quel poster mi ha sempre dato curiosità, ma fino ad oggi non l'avevo mai visto. Il millenovecentonovantatrè era 16 anni fa. E io ero una ragazzina.

Caro diario,


oggi come tutti giorni sono andata a prendere il caffè nell'unico posto dove il caffè è buono in questa cittá, con il collega (e ultimamente amico) con cui vado tutti i giorni. Il mio collega era un po' distratto oggi. Quando siamo arrivati nell'atrio al piano terr
a dell'edificio in cui lavoriamo l'ascensore era al piano ed un uomo in vestito da ufficio, formale ma light, era giá dentro ma - uditi passi - educatamente ha premuto il pulsante che impedisce alle porte di chiudersi. Io sono entrada grata, apprezzando l'educazione, e sorridente ho detto Hola gracias. Lui ha sorriso apertamente. Dietro di me si è infilato il mio collega e a seguire due "ragazzini" dotati di pacchetto di patatine e cuffie pendule di iPod. Ovviamente hanno premuto il numero uno, e sono scesi al primo piano, il piano dell'uffio dei ragazzini che non si sa che fanno e delle ragazzine benvestite. Boh.
Io ho guardato il tizio e ho sorriso, avrei detto che ero curiosa di sapere cosa fanno quei ragazzini, ma o lo dicevo al mio collega - ovvero in italiano - o lo dicevo in spagnolo in modo che il tipo capisse, perchè poi era a lui che volevo dirlo ma mi sono intimidita. Insomma mentre io così pensavo l'ascensore è arrivato al secondo, il nostro. Ho sorriso al tipo che saliva al sesto dicendo chao e lui ha detto Arrivederci, ehm hasta luego. Al suo Arrivederci io ero giá fuori dall'ascensore e gli ho detto entusista Arrivederci? sei italiano! e lui: anche tu? Sì, noi siamo italiani. E la sliding door si è chiusa rapidamente.


Caro diario,
spero di reincontrarlo in ascensore.
Ah! E Caro diario, Moretti mi è sembrato così italiano.




1 commento:

hanz ha detto...

Di "Caro diario" avevo (ho, da qualche parte) una maglietta con su la famosa Vespa e un estratto della frase che il Nanni dice all'automobilista al semaforo. Questa qui: "Sa cosa stavo pensando? Io stavo pensando una cosa molto triste, cioè che io, anche in una società più decente di questa, mi troverò sempre con una minoranza di persone. Ma non nel senso di quei film dove c'è un uomo e una donna che si odiano, si sbranano su un'isola deserta perché il regista non crede nelle persone. Io credo nelle persone, però non credo nella maggioranza delle persone. Mi sa che mi troverò sempre a mio agio e d'accordo con una minoranza..."
Mai come in questo periodo quella frase mi pare condivisibile, se penso all'Italia.
Di "Caro diario" adoravo la scena del ballo, perchè in fondo anch'io come Moretti vorrei saper ballare ma non riesco, non sono capace, chennesò. Da solo si, ma se no faccio fatica. "In realtà il mio sogno è sempre stato quello di saper ballare bene (...) e invece alla fine mi riduco sempre a guardare, che è anche bello, però... è tutta un'altra cosa." Ci devo lavorare su.
Se penso al tempo che passa, poi, mi rendo conto che tra non molti anni sarò anch'io un (non so quanto splendido) quarantenne.

E comunque tu fai un sacco di incontri interessanti in ascensore, o davanti all'ascensore... :-)