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mercoledì 3 novembre 2010

vita interiore

Scritto il primo novembre
Arrivano e sorridono.
Le prime sono due sorelle brune “Felicidades, Anna, Felicidades”.
Dopo molte pressioni e un po' di antipatia camerierante troviamo una mesa, ce la danno più che altro perchè abbiamo 'okkupato' i due tavolini che sono all'ingresso, nella verandina. Siguen sonriendo. Parliamo della sera prima, di quello che hanno fatto, di quello che 'non' ho fatto io.
Arriva un altro sorriso. Lì con le sue stanghette verdi abbinate ai suoi occhi sorridenti.
Io ho sempre questa cosa qui, con gli 'ospiti' e quando organizzo qualcos,a che ho sempre paura che la gente non si diverta e non si senta a suo agio, come se dipendesse da me.
Quattro ad un tavolo da quattro. Telefonata: “Sono in ritardo, ho un dolce nel forno. Arrivo fra un'ora”.
Siamo lì charlando, un po' a fatica, tra gente che non si conosce molto, poi arriva un viso serio, nei suo occhiali bianchi che fanno tanto film con Monica Vitti, una mano dal tavolo si stende in saluto, e un sorriso di occhi scuri accende “gli occhiali come due fanali”, e una macchina fotografica rétro

scritto il due novembre
è bello sentire la tua mancanza quando è ormai sera, e aver voglia di tornare a casa per chiederti come stai. accendere la miracolosa sfera verde con il segno di spunta bianco per cercarti, non trovarti, dire a me stessa che ti manderò un sms, aprire svogliatamente la mail e lì come per incanto -'you've got mail'- trovare la tua mail che mi chiede dove sono e mi manda un bacino.
Avere voglia di parlare con te e sapere di avere la confidenza per chiamarti a mezzanotte meno un quarto, sapere che in fondo sarai contento, non mi hai scritto tanto tempo fa, non più di dieci minuti, non posso svegliarti, non voglio ma voglio dirti buonanotte.
E la tua voce sorride, a telefono mentre mi racconti di customer e tonni, valigie e aerei.
Una voce che mi ha dato serenità.

Può essere che domani qualcosa inizi -o finisca- che mi allontani da te. Ci pensavo in metro, non voglio che questa cosa mi allontani da te. Nemmeno dagli altri, ma soprattutto da te. Pensavo a quella cosa che mi hai detto quel pomeriggio che venni da te, quel giorno in cui la tua risposta sorprendentemente fu 'sì' alla mia proposta di un giro al centro commerciale. Mi dicesti 'quest'inverno se non ti sei fidanzata vieni a casa mia una domenica e ci facciamo una minestra e stiamo in casa al calduccio'. Mi piacerebbe poterlo fare. E abbracciarti. Ho voglia di abbracciarti, a te e un po' al mondo intero, anzi no a quel mondo a cui voglio bene. Ma a te di piú. Io credo nella vita e penso che lo faremo. Volevo chiederti scusa anche per quella cosa della gelosia che ho detto l'altra sera e che forse non era la prima volta che dicevo. Non so bene perchè, a volte ho questa cosa di aver paura di essere abbandonata, mentre invece tu, lei e gli altri oggetti della mia -di solito temporanea- gelosia, siete importanti per me, e non voglio perdervi e voglio che siate felici, come che sia.
Tu e tutte le persone speciali come te avete reso più belli questi trentacinque anni che ho vissuto.
Grazie per la tua voce sorridente, per il verde delle tue stanghette.
Non so se si può capire, forse non lo capisco nemmeno io.

Scritto il tre novembre

La continuazione di quanto scritto il primo novembre.... forse...

1 commento:

hanz ha detto...

sono molto fortunati, i tuoi amici.