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martedì 17 giugno 2008

Vita

Ci sono topi tutti in giro, topi tutti intorno, topi mattina e sera, topi mattina e giorno. Sudici topi lucidi, giocano a nascondino, fanno tana nel tronco degli alberi, dentro al nostro giardino.


Una canzone allucinata come questa giornata.

Un ufficio al secondo piano. Gente al PC. Ticchettìo di tasti di plastica premuti da dita frenetiche. Più digiti, più produci.

Alla mia destra finestre. Oltre la finestra, un palazzo violetto, antico, ottocentesco. E fronde d'alberi. Più in là, oltre il palazzo si intravede un pezzo di cielo: bianco di luce, grigio di pioggia.

La prima volta che ho sentito quella canzone era da un album con la copertina di plastica nera. Completamente nera. E i testi erano su libretto giallo, che viene da chiedersi se De Gregori abbia comprato quella carta gialla 20 anni fa e la utilizzi e riutilizzi e riutilizzi.

Ero iscritta allora a uno di quei club dove paghi un tot al mese e scegli un CD. Una cosa tipo il club degli editori, ma per i dischi compatti (come diceva il mio nonno italianista). E scelsi questo CD con la copertina nera, di cui non sapevo nulla, a parte il fatto che fosse di De Gregori, quello de La donna cannone e de La storia siamo noi.

Si chimava Bootleg. Le canzoni che conoscevo erano arrangiate in una maniera diversa. E tra le canzoni 300000000 di topi, che ascoltai ma non capii.

Finché un giorno il mio amico P., che ancora non aveva il cellulare nuovo perché a quell'epoca il cellulare ce l'avevano in pochi, mentre parlavamo del più e del meno, nominò questa canzone. E io gli parlai del CD, e lui l'ascoltò. E mi disse che non mi era piaciuta perché era live. E mi fece ascoltare la versione acustica. E mi piacque.

E la esaminammo, sottoponendo parole, musica e silenzi ad un'attenta disamina. Lui mi diceva che avevo la vena della critica letteraria. Che avevo capacità interpretive insuperabili. Che a volte lo facevo troppo. Ma le mie teorie degregoriane lo affascinavano. E la cantavamo, e la citavamo. Questa e altre, con Guccini che cominciava a entrare di sguincio nella mia vita, tra il libeccio di una domanda e il picchiettìo di una scatola di te.

Con l'amore che cominciava a serpeggiare. E gelosie non dette. E la paura di "altri" che invadessero i nostri spazi. C'era la musica, la primavera che entrava nell'estate, c'erano i libri...di poesia, di grammatica inglese, di diritto privato ed economica politica. C'erano i sogni. Soldi quasi non ce n'erano. E c'era la promozione di MacDonald con gli hamburger a mille lire la sera. E passeggiate interminabili, tra Neruda e Garcìa Marquez, tra i bruchi delle epistole entomologiche e i carciofi guerrieri delle odi elementari. E c'erano sterminate distese di topi, refrattarie ad ogni sterminio, sorridevano dalle finestre tutte d'oro e d'alluminio. Quei topi tra il sogno e la realtà. Topi come tarli. E c'erano sempre meno amici. E sempre più dizionari. E sempre più sogni.

Poi ci furono le lauree, le scelte. E ci furono la valigia dell'attore, prendere e lasciare, stagioni, ci furono le pubblicità tamarre e i sicchi e nafta, ci furono partenze e ritorni. Ci furono morti. Ma la vita continuò. E ci furono concerti, a Faenza, a Cesena, dov'era la nostra vita allora. E ci furono liti per hotdog con senape, per cyclette non utilizzate, per amici non visti. E ci fu noia. Ci fu sesso. Ci furono sorrisi e mani. Ancora speranze. Ancora noia. E ci fu paura. Promesse non mantenute.

Ed io ti ho veduto salire sopra un altare
e dire una messa da topi e per i topi pregare


E le dita continuano a ticchettare (che non sono passi e non è buon umore). E il cielo è ancora color inverno.

La ragazza con le unghia lunghe arriva con una tazza di te e si siede alla scrivania.

Tra una riga e l'altra di questo foglio di pixel, Berlusconi annulla leggi e ne fa di nuove, gente mai vista scrive post su blog, voci tedesche mormorano alla mia sinistra, voci spagnole a voce alta discettano alla mia destra.

Coinquilina mayor - che già più non condivide l'appartamento - sarà a casa, un occhio a leggere, un orecchio alla TV. I telefoni al suo fianco sul tavolino di vimini. Hermanita starà combattendo fra carte e scartoffie in attesa che il buio le regali l'atteso abbraccio e le carezze. L'uomo col cellulare, che il martedì ha giornata lunga, sarà alla macchinetta del caffè con la sua nuova compagna, mentre E. da dietro a una colonna li guarda e fa gestacci.

Perché la vita va. Vita era ieri. E vita sarà domani. E non spieghino a me come si usa l'articolo in italiano.


Da troppo tempo bella, non più bella tra poco, colei che vide al gioco la piccola Graziella.

Belli i belli occhi strani della bellezza ancora d'un fiore che disfiora e non avrà domani.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Non voglio rovinare il tuo post con uno stupido commento. Lo scrivo solo per dirti che sono rimasta incantata. (virginiamanda)

A picco sull'oceano ha detto...

Grazie Virgh :-)
Io non penso che i commenti rovinino i post! Se così fosse mi terrei per me quello che scrivo :-)

Commenta quando vuoi, soprattutto se è per farmi complimenti :)

Flavio Villani ha detto...

Bel post!
I ricordi si mescolano al presente. Per un momento il passato si mescola con la realtà poi il ticchettio di dita sulle tastiere riprende il sopravvento.
:-)

Anonimo ha detto...

io e te abbiamo decisamente molto in comune :)
un abbraccio

A picco sull'oceano ha detto...

Flavio, grazie! :-)

Desde: eheh :-) nel senso che anche tu sei strafiga e superintelligente e supersimpatica come me?!?! :-)