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giovedì 9 agosto 2007

L'uomo del treno

Parte 1
Zaino in spalla, salgo nella carrozza numero dieci di uno sporco intercity plus Roma-Reggio Calabria. Cerco il mio scompartimento, lo trovo. La porta è chiusa, appena oltre la porta a scorrimento nella fila di sinistra c'è un signore seduto a leggere il giornale. Sbadatamente lascio la porta aperta. Metto lo zaino su uno degli appositi pensili. Il signore domanda se può chiudere la porta per trattenere all'interno dello scompartimento l'aria condizionata e mentre chiede, chiude.
I sedili sono blu, il coperchio della minipattumiera all'interno dello scompartimento è aperta. Mi verrebbe voglia di chiuderlo ma sembra sporco. Mi siedo nella stessa fila del signore ma lato finestrino.
Una ragazzina con i capelli lunghi legati in minuscole treccine entra, cerca il numero del suo posto, lascia la borsa e va a telefonare dal corridoio, io la vedo dall'interno. A ruota una coppia, lui magrissimo, pochi capelli lunghetti, naso adunco, lei alta in carne ma longilinea con il viso di certo non di una persona serena fa capolino attraverso il vetro. Entrano. Lei prima. Biglietti alla mano. Con voce perentoria pronunzia i numeri della sua prenotazione. Pare che uno dei posti della coppia sia quello su cui siede l'uomo dell'aria condizionata. L'uomo offre di spostarsi. La signora risponde "sì se non le dispiace", l'uomo dell'aria condizionata replica "Se glielo sto offrendo non mi dispiace". Lo dice storcendo un po' le labbra, non un sorriso no, più il ghigno di chi si sente più intelligente dell'interlocutore. L'uomo dell'aria condizionata si siede di fronte a me.

Parte 2
Dopo un po' di marasma tutti prendono posto.
La coppia è seduta accanto all'ingresso dello scompartimento, il marito scapigliato è nella stessa fila in cui sono io, di fronte a lui c'è la sua dolce metà. Accanto al signore c'è la ragazzina vispa con le treccine. Accanto a lei ci sono io, giovane donna sulla trentina, capelli scuri e lisci, pinocchietto nero che veste quasi per intero la lunga gamba, top nero che scopre le spalle nere di sole. Il mio ciondolo in argento a forma di scorpione al collo. E il mio sorriso a trecentosessantotto denti.
Di fronte a me l'uomo dell'aria condizionata. Sulla quarantina, capelli leggermente brizzolati, occhi azzurri abbastanza fissi, polo blu e un jeans se non erro. È il tipo da cui ci si aspetterebbe un paio di occhiali da vista, ma non li aveva. Tra le mani un quotidiano, la mia curiosità non era abbastanza accesa da farmi sbirciare se fosse un quotidiano di sinistra o di destra. Ma accesa abbastanza da farmi sbirciare il titolo del libro che ha preso poi: Don Giovanni o "il nuovo Don Giovanni"... Non quello di Byron ma ad occhio e croce lo scrittore era americano. La copertina era blu, l'edizione era elegante.
Tra il signore dell'aria condizionata e la moglie tesa c'è un posto libero, ma non per molto, perché nel giro di pochi minuti entra un ragazzo veramente alto, napoletano* a prima vista, occhiali da sole sugli occhi, anche se lo scompartimento era piuttosto buio, t-shirt bianca con qualcosa di grigio, jeans. Chiede se il posto è libero, cosa dalla quale si arguisce che non ha prenotato. Si siede con la testa fissa di fronte a lui, ma a un certo punto da sotto agli occhiali da sole si intravedono nere pupille girate verso di me, o quantomeno direzione luce/finestrino. È seduto con la schiena dritta, e si vede che fa fatica a tenere le gambe piegate nello spazio ristretto.


Parte 3
Lo scompartimento è dunque pieno. Sei individui che non si conoscono dividono uno stesso spazio, più o meno la stessa visuale temporanea sulla realtà, la stessa aria condizionata. Dopo una prima osservazione generale dei compagni di viaggio, l'atmosfera mi sembra abbastanza noiosa e non sono nemmeno minimamente attratta dalla possibilità di una conversazione con chiunque dei presenti. Diciamo che mi sento distante da tutti. La cosa mi capita di rado in treno. Di solito comincio sempre a chiacchierare con qualcuno. Nel viaggio di andata ad esempio io e la ragazza di fronte a me cominciammo a parlare con due suore. Comunque sopraffatta dalla tristezza dello scompartimento dell'intercity plus Roma-Reggio Calabria mi alzo in piedi e mi avvicino al pensile di fronte a me per prendere lo zaino ed estrarre un libro. Poso lo zaino e mi risiedo. L'uomo dell'aria condizionata cerca di sbirciare la copertina del mio libro. Nel frattempo una signora sui 45 portati male, vestita di nero, trascurata nell'aspetto apre la porta dello scompartimento dice il numero del suo posto, il marito magro esce dallo scompartimento x controllare il numero del posto. Per me è ovvio che il napoletano è l'unico senza prenotazione quindi non i scompongo. La ragazzina dice che il numero di posto della signora è quello in cui sono seduta io. Allora io dico: "io sono prenotata al 61" che è ovviamente il posto del napoletano. Il napoletano si alza. Io chiedo alla signora, che si sta sedendo al posto rimasto libero, se preferisce sedersi dove sono seduta io, e dentro di me prego "Speriamo che questa non sia una cacacazzo". La signora mi fa un largo sorriso -dadà- e dice: -suspance- "no va benissimo qui". Ricambio il sorriso con gratitudine per avermi evitato uno spostamento inutile tra i piedi dei passeggeri. La signora col sorriso porta con sé un trolley che lascia in mezzo allo scompartimento tra i suoi piedi e quelli della ragazzina. La ragazzina sembra un po' seccata ma tace. Io rimetto la testa sul mio libro, cercando la pagina a cui sono interessata. Ovvero la cartina della Spagna. Avevo praticamente letto tutto quello che mi interessava sulla guida e mi rimaneva solo da decidere il percorso. Cosa vedere e cosa no, e studiarmi le durate dei viaggi in bus/treno. Ovviamente la mia fantastica Rough guide contiene tutte queste informazioni, pertanto sotto lo sguardo curioso ma freddo dell'uomo dell'aria condizionata ho cominciato a tracciare percorsi sulla cartina con la mia matita e segnare orari e infine a contare i giorni che avevo a disposizione... ehm, che avrò a disposizione...


* L'affermazione potrebbe sembrare "politically" non "correct", ma non c'è nessuna malizia o intento denigratorio nella descrizione. Si tratta solo di un modo rapido per dare un'idea della persona. È vero che qualcuno potrebbe obiettare che pensare che in base al luogo di provenienza la gente possa essere omologata potrebbe essere il seme di un atteggiamento razzista, ma non è assolutamente nella mia natura né nel mio pensiero. Quanto a me, sono una fervida sostenitrice della cultura napoletana e adoro Napoli. Così, giusto a scanso di equivoci. :-)


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