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venerdì 20 luglio 2007

Una mattina come le altre

Stamattina mi sono alzata e si sentiva un chiacchiericcio intenso. Non curante sono andata a farmi il caffè.

Il caffè. Ho sempre adorato il caffè, da quando avevo 11 o 12 anni e riempivo la tazzina di zucchero, poi versavo un goccino di caffè, perché più di quello non mi era consentito. E giravo giravo giravo col cucchiaino fino a ottenere una pastrocchia*, dolcissima e densa, al sapore di caffè. Mia nonna guardava l'operazione e rideva di sottecchi.
Da allora ho sviluppato una dipendenza. Particolarmente significativi per l'acquisizione di tale vizio sono stati gli anni dell'università. Non soltanto perché è stato andando all'università che ho scoperto la tradizione del caffè nella tazzina bollente e come bere il caffè con le labbra quasi ustionate ne esaltasse il gusto. Gli anni degli studi erano gli anni delle giornate chiusi in casa a leggere libri che parlavano di tempi andati o regioni del mondo che mi sembravano lontane anni luce. Ore tappata in casa a leggere, assorta. In quelle ore il mio compagno immancabile era il caffè bollente, sempre pieno di zucchero. Con mia nonna che diceva "Se lo fai, ne prendo un goccino anch'io. Ma non farlo forte!" A me il caffè piace denso, forte, pregno. A mia nonna piaceva acquoso, marroncino chiaro, delicato, direi...
In ufficio il caffè era una droga. E l'opportunità di alzarsi dalla scrivania per pochi minuti, di scambiare una chiacchiera con persone che ti erano più o meno affini. Nella maggioranza dei casi direi meno, ma in alcuni casi la compagnia era quella giusta, cosicché il caffè in ufficio assurgeva a momento idilliaco della giornata lavorativa. Con la tua collega preferita, poi diventata la tua Amica che ti raccontava delle sue inesauribili "scenette" con i fortunati di turno o del suo ultimo flirt.
Ho avuto periodi in cui il mio corpo sentiva l'esigenza di depurarsi dal caffè. L'ho sostituito col caffè d'orzo, una volta per diversi mesi. Una cosa diversa, ma con un suo quid devo dire. L'ho sostituito col tè, ma non è durata mai troppo. Non c'è feeling tra me e il tè. Di tanto in tanto mie compagne diventano le tisane. Al momento la mia preferita è arancia e cocco. Dolce. Buona la sera prima di addormentarsi. Ti dà quel tocco di dolcezza che ti serve, se non hai nessuno con cui lottare per la coperta. In qualche modo la controparte del caffè.


*Stando al De Mauro Paravia online, la parola "pastrocchia" non esiste. Esiste "pastrocchio: s.m., (sett., centr., fam.), pasticcio, intruglio; anche fig.". E poi esiste "pastocchia:s.f. frottola, (spec. raccontata per ingannare o per burlare qcn.).
Googlando si trovano parecchi risultati per la parola "pastrocchia". Per la maggior parte si tratta del nome di un utente di forum. Alcuni risultati sono su siti dedicati a consigli di bellezza: pastrocchia=intruglio. Altre volte, abbastanza spesso direi, "pastrocchia" è la terza persona singolare del presente indicativo del verbo "pastrocchiare" (immagino), non riportato dal De Mauro Paravia. Tutto questo per dire cosa? Non lo so, vedremo :-)

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